La missione Zond 5 fu realizzata dal programma spaziale sovietico in preparazione a un futuro volo con equipaggio in orbita lunare e con successivo rientro sulla Terra.
La Sojuz 7K-L1 sarebbe infatti
servita come precursore delle capsule di volo umano intorno alla Luna.
Lanciata dal poligono di Tjuratam
il 15 di settembre del 1968, Zond 5 raggiunse la Luna dopo tre giorni di viaggio e sorvolò il satellite naturale
fino a una distanza minima di 1.950 chilometri dalla superficie.
Durante il viaggio verso la Luna
si presentarono dei guasti interni al veicolo che costrinsero la capsula
a utilizzare i sensori di riserva per poter proseguire la missione senza alcun
problema.
Dopo aver svolto efficacemente il
sorvolo lunare Zond 5 prese la rotta verso la Terra scattando fotografie di alta
qualità al nostro pianeta da una distanza di 90.000 chilometri.
I fotogrammi della Terra,
ottenuti dall'orbita lunare, permisero al programma spaziale sovietico
di ammirare le immagini del pianeta tre mesi prima che gli astronauti americani
scattassero le stesse fotografie durante la missione Apollo 8.
Il rientro in atmosfera avvenne il 21 di settembre con il sistema di paracadute azionato a 7 chilometri di
altezza dal suolo per rallentare la corsa.
Per la prima volta una sonda
costruita dall'uomo era ritornata sulla Terra dopo aver effettuato un sorvolo
lunare.
La missione diede al mondo
occidentale un importante segnale: il programma Zond costituiva una prima fase
di preparazione dello sbarco umano sulla Luna. I Sovietici avevano infatti
sperimentato su Zond 5 anche il
canale di trasmissione vocale. I segnali delle voci dei tecnici erano stati
captati dall'osservatorio di Jodrell Bank, ma il ministro degli esteri
sovietico aveva immediatamente smentito che si fosse trattato di un veicolo nei
pressi della Luna.
La notizia del volo attorno alla
Luna, già sospettata dall'osservatorio inglese, fu infine
confermata dall'agenzia di stampa sovietica il 21 di settembre del 1968.
Il carico trasportato dalla Zond 5
Zond 5 fu la prima
capsula in assoluto a compiere con efficacia un sorvolo lunare con rientro
sulla Terra trasportando a bordo un carico
molto particolare.
La sonda ospitava infatti un'unità biologica composta da tartarughe
russe, vermi della farina, mosche, piante, semi, batteri e altre creature
viventi assieme agli strumenti scientifici e alla fotocamera di ripresa.
Lo scopo di questo insolito
carico era lo studio delle reazioni dei
voli nello spazio translunare sugli esseri viventi e le capacità di adattamento degli organismi
agli ambienti dello spazio cosmico.
Secondo le divulgazioni
dell’Accademia delle Scienze la Sojuz
in questione trasportava anche un manichino alto 175 centimetri e pesante 70 chili che
conteneva un rilevatore di radiazioni.
Grazie al suo carico biologico la
Zond 5 risulta essere la prima navicella potenzialmente abitabile
lanciata verso la Luna.
Il 20 di settembre del 1968 l'Unione
Sovietica dichiarò che la sonda con gli esseri viventi a bordo aveva
sorvolato il nostro satellite ma che non vi era al momento alcuna missione
lunare umana in programma.
Gli esseri viventi a bordo erano
riusciti a sopravvivere all'intero
viaggio ritornando sulla Terra in buone condizioni e dimostrando agli
scienziati sovietici che per gli organismi viventi era biologicamente possibile
sopravvivere a un sorvolo lunare e ritornare salvi sulla Terra.
Dopo il recupero della capsula si constatò che le tartarughe avevano
perso circa il 10 percento della loro massa corporea ma erano rimaste attive per tutta
la durata del viaggio e in particolare al ritorno sulla Terra non
avevano dimostrato meno appetito rispetto al momento prima del lancio.
La missione, che
tra i vari obiettivi aveva previsto anche lo studio degli effetti delle radiazioni e dei voli spaziali su esseri
viventi, si era risolta nel migliore dei modi.
Il recupero della Zond 5
L'ipotesi di perdere il carico
trasportato nella fase di rientro costituiva infatti una fonte di grande
preoccupazione per il programma spaziale, specialmente dopo che la
maggior parte delle operazioni della missione erano state compiute con successo
e i tecnici non aspettavano altro che analizzare le condizioni degli esseri
viventi di ritorno dal viaggio cosmico.
Nonostante questo imprevisto la
capsula riuscì in ogni caso ad effettuare un ammaraggio di fortuna nell'Oceano Indiano e ad essere recuperata
dalle navi della marina sovietica che in quel momento presidiavano le acque.
La capsula era caduta a 105 chilometri dalla nave sovietica Boroviči la quale aveva immediatamente
inviato un segnale alla seconda nave Vasilij
Golovnin per recuperare la capsula, condurla al porto di Bombay e spedirla
a Mosca con un volo aereo prima che finisse nelle mani sbagliate.
All'epoca, fortunatamente, Unione Sovietica e India erano in buoni rapporti diplomatici e
non sorse alcun tipo di problema alle autorità sovietiche per poter passare
con il carico sul territorio indiano.
Durante le operazioni di carico
della squadra navale di emergenza la nave
statunitense USS McMorris, che si
trovava nei paraggi per tracciare le due navi “avversarie”, spiò le operazioni per cercare
di ottenere informazioni strategiche sulle misteriose attività che la marina
sovietica stava svolgendo in quel momento. Le operazioni non provocarono comunque alcun incidente diplomatico.
La capsula di ritorno fu condotta con successo fino a Mosca per lo studio dei risultati della missione. Si trova oggi in mostra al museo RKK Energija.
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