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mercoledì 30 dicembre 2015

Zond 5: i primi esseri viventi attorno alla Luna



Le tartarughe trasportate dalla capsula Zond 5.La missione Zond 5 fu realizzata dal programma spaziale sovietico in preparazione a un futuro volo con equipaggio in orbita lunare e con successivo rientro sulla Terra.

La Sojuz 7K-L1 sarebbe infatti servita come precursore delle capsule di volo umano intorno alla Luna.

Lanciata dal poligono di Tjuratam il 15 di settembre del 1968, Zond 5 raggiunse la Luna dopo tre giorni di viaggio e sorvolò il satellite naturale fino a una distanza minima di 1.950 chilometri dalla superficie.

Durante il viaggio verso la Luna si presentarono dei guasti interni al veicolo che costrinsero la capsula a utilizzare i sensori di riserva per poter proseguire la missione senza alcun problema.

Dopo aver svolto efficacemente il sorvolo lunare Zond 5 prese la rotta verso la Terra scattando fotografie di alta qualità al nostro pianeta da una distanza di 90.000 chilometri.

I fotogrammi della Terra, ottenuti dall'orbita lunare, permisero al programma spaziale sovietico di ammirare le immagini del pianeta tre mesi prima che gli astronauti americani scattassero le stesse fotografie durante la missione Apollo 8.

Il rientro in atmosfera avvenne il 21 di settembre con il sistema di paracadute azionato a 7 chilometri di altezza dal suolo per rallentare la corsa.

Per la prima volta una sonda costruita dall'uomo era ritornata sulla Terra dopo aver effettuato un sorvolo lunare.

La missione diede al mondo occidentale un importante segnale: il programma Zond costituiva una prima fase di preparazione dello sbarco umano sulla Luna. I Sovietici avevano infatti sperimentato su Zond 5 anche il canale di trasmissione vocale. I segnali delle voci dei tecnici erano stati captati dall'osservatorio di Jodrell Bank, ma il ministro degli esteri sovietico aveva immediatamente smentito che si fosse trattato di un veicolo nei pressi della Luna.

La notizia del volo attorno alla Luna, già sospettata dall'osservatorio inglese, fu infine confermata dall'agenzia di stampa sovietica il 21 di settembre del 1968.



Il carico trasportato dalla Zond 5


Zond 5 fu la prima capsula in assoluto a compiere con efficacia un sorvolo lunare con rientro sulla Terra trasportando a bordo un carico molto particolare.
Tecnici e scienziati osservano le tartarughe trasportate dalla Zond 5.
La sonda ospitava infatti un'unità biologica composta da tartarughe russe, vermi della farina, mosche, piante, semi, batteri e altre creature viventi assieme agli strumenti scientifici e alla fotocamera di ripresa.

Lo scopo di questo insolito carico era lo studio delle reazioni dei voli nello spazio translunare sugli esseri viventi e le capacità di adattamento degli organismi agli ambienti dello spazio cosmico.

Secondo le divulgazioni dell’Accademia delle Scienze la Sojuz in questione trasportava anche un manichino alto 175 centimetri e pesante 70 chili che conteneva un rilevatore di radiazioni.

Grazie al suo carico biologico la Zond 5 risulta essere la prima navicella potenzialmente abitabile lanciata verso la Luna.

Il 20 di settembre del 1968 l'Unione Sovietica dichiarò che la sonda con gli esseri viventi a bordo aveva sorvolato il nostro satellite ma che non vi era al momento alcuna missione lunare umana in programma.

Gli esseri viventi a bordo erano riusciti a sopravvivere all'intero viaggio ritornando sulla Terra in buone condizioni e dimostrando agli scienziati sovietici che per gli organismi viventi era biologicamente possibile sopravvivere a un sorvolo lunare e ritornare salvi sulla Terra.

Dopo il recupero della capsula si constatò che le tartarughe avevano perso circa il 10 percento della loro massa corporea ma erano rimaste attive per tutta la durata del viaggio e in particolare al ritorno sulla Terra non avevano dimostrato meno appetito rispetto al momento prima del lancio.

La missione, che tra i vari obiettivi aveva previsto anche lo studio degli effetti delle radiazioni e dei voli spaziali su esseri viventi, si era risolta nel migliore dei modi.



Il recupero della Zond 5


La capsula Zond 5 in acqua.
Durante il rientro della sonda sulla Terra il centro di controllo sovietico manifestò delle preoccupazioni a seguito del danneggiamento di un sensore che avrebbe dovuto gestire il rientro guidando la capsula nell'atterraggio sul territorio sovietico.

L'ipotesi di perdere il carico trasportato nella fase di rientro costituiva infatti una fonte di grande preoccupazione per il programma spaziale, specialmente dopo che la maggior parte delle operazioni della missione erano state compiute con successo e i tecnici non aspettavano altro che analizzare le condizioni degli esseri viventi di ritorno dal viaggio cosmico.

Nonostante questo imprevisto la capsula riuscì in ogni caso ad effettuare un ammaraggio di fortuna nell'Oceano Indiano e ad essere recuperata dalle navi della marina sovietica che in quel momento presidiavano le acque.

La capsula era caduta a 105 chilometri dalla nave sovietica Boroviči la quale aveva immediatamente inviato un segnale alla seconda nave Vasilij Golovnin per recuperare la capsula, condurla al porto di Bombay e spedirla a Mosca con un volo aereo prima che finisse nelle mani sbagliate.

All'epoca, fortunatamente, Unione Sovietica e India erano in buoni rapporti diplomatici e non sorse alcun tipo di problema alle autorità sovietiche per poter passare con il carico sul territorio indiano.


Un aspetto curioso del recupero della capsula ammarata nell’Oceano è invece presentato dall'attività di spionaggio degli Stati Uniti.

La nave Vasilij Golovnin.
Durante le operazioni di carico della squadra navale di emergenza la nave statunitense USS McMorris, che si trovava nei paraggi per tracciare le due navi “avversarie”, spiò le operazioni per cercare di ottenere informazioni strategiche sulle misteriose attività che la marina sovietica stava svolgendo in quel momento. Le operazioni non provocarono comunque alcun incidente diplomatico.

La capsula di ritorno fu condotta con successo fino a Mosca per lo studio dei risultati della missione. Si trova oggi in mostra al museo RKK Energija.

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