Continua in questo post l'argomento della destalinizzazione e dei suoi effetti sulla politica estera sovietica, sul movimento comunista, sulle prospettive della Guerra fredda.
Mao Zedong
Roy Medvedev, citando le memorie del comunista israeliano Mikunis, scrisse che durante la conferenza dei partiti comunisti e operai, tenutasi a Mosca nel novembre 1957, Mao si comportava come se fosse il vero capo del comunismo mondiale.
Il suo argomento preferito era la terza guerra mondiale, combattuta con le armi atomiche, di cui si divertiva a pronosticare il numero di vittime. Allora intervenne Togliatti che chiese a Mao: "Ma che ne sarà dell'Italia dopo una guerra del genere?”; e Mao rispose con cinica freddezza: "E chi ha mai detto che l'Italia debba necessariamente esistere? Resteranno trecento milioni di cinesi e ciò sarà pienamente sufficiente per la continuazione del genere umano”.
I mal di pancia di Mao cominciarono subito dopo il XX Congresso. La condanna del culto della personalità gli aveva creato non pochi fastidi in seno al partito cinese. Inoltre, la divergenza sempre più profonda sulle questioni internazionali e sul confronto con l'Occidente stava conducendo i due paesi verso posizioni inconciliabili. La Cina, che stava avviando il “grande balzo in avanti”, aumentava le richieste e le pretese nei confronti del “fratello maggiore”, ma allo stesso tempo non faceva nulla per non mettere l'URSS in imbarazzo.
Nel 1958 le tensioni aumentarono alle stelle nello stretto di Formosa. La Cina socialista rivendicava la sovranità di alcune isole appartenenti alla Cina nazionalista (Taiwan) e nello scontro in corso si inserirono gli americani, militarmente schierati con la loro marina in difesa dei loro protetti. La scelta di Mao di bombardare le isole dello stretto e di stimolare una ritorsione americana erano una sfida alla distensione e quindi a tutto l'impianto di politica estera dell'URSS.
Un Chruščёv infuriato inviò Gromyko da Mao per trovare una soluzione alla crisi. In questo clima, nel quale gli americani minacciarono un intervento atomico, Mao disse al dirigente sovietico che la Cina era pronta a subire un attacco nucleare se Mosca avesse successivamente lanciato a sua volta una rappresaglia strategica. Quando i dirigenti sovietici vennero informati dei folli intendimenti di Mao, tutti i progetti di collaborazione e di trasferimento di tecnologia nucleare verso la Cina furono bloccati.
Il dissidio continuò e si approfondì nel 1959. Con la questione tibetana sullo sfondo, Cina e India furono protagoniste di alcuni scontri confinari. L'URSS, che aveva con Delhi ottimi rapporti di amicizia, prese una pubblica posizione di neutralità, auspicando una rapida soluzione del conflitto. Mentre la Cina si sentì defraudata e tradita (non va scordato che i due paesi erano ufficialmente alleati), a Mosca divenne chiaro che le iniziative cinesi erano indirizzate a mettere in difficoltà la diplomazia sovietica. La rottura finale tra sovietici e cinesi non era destinata a consumarsi nello scenario diplomatico internazionale ma all'interno del movimento comunista internazionale. Era chiaro che la questione avrebbe assunto presto connotati ideologici e dottrinari.
Nell'Aprile 1960, con una serie di celebri scritti pubblicati sotto il titolo comune di Viva il leninismo, i cinesi sottoposero a critiche durissime tutta una serie di tesi ormai strettamente associate al nome di Chruščёv e al XX Congresso. Essi negavano l'evitabilità della guerra finché “imperialismo” e “regime di sfruttamento” sarebbero esistiti; criticarono le vie pacifiche verso il socialismo e in particolare la “lotta parlamentare”; ribadirono l'avversione dei comunisti autentici verso la social-democrazia; infine conclusero con una infamante dichiarazione: ”I moderni revisionisti tentano di insozzare la grande bandiera del proletariato internazionale, il leninismo”.
Passi falsi, aggiustamenti e successi spaziali
Il primo maggio 1960 la contraerea sovietica abbatté un aereo spia americano mentre sorvolava gli Urali. La rabbia, provata nei confronti di Americani (che con la faccenda dell’U2 fornirono ai nemici della distensione notevoli vantaggi argomentativi) e Cinesi (che con le loro tesi stavano provando a influenzare altri partiti comunisti), fece fare a Chruščёv alcuni gravi passi falsi in politica estera. Egli mandò all'aria il summit di Parigi col presidente americano Eisenhower e, dopo aver attaccato violentemente i cinesi al congresso del partito rumeno, in luglio decise unilateralmente di ritirare tutti gli specialisti sovietici dalla Cina.
Il danno economico per il grande paese asiatico, già indebolito dalle folli politiche di Mao, fu enorme. Chruščёv smise di parlare di amicizia sino-sovietica e la guerra fredda cominciò ad assumere una natura tripolare. Alcune soddisfazioni arrivarono dal “Terzo mondo”, nel quale il processo di decolonizzazione conobbe un'improvvisa accelerazione. L'Egitto di Nasser avviò il suo piano quinquennale e varò una legislazione socialista mentre anche a Cuba e nell'ex Congo belga i dirigenti giunti al potere non nascosero le loro simpatie verso Mosca.
Nel gennaio 1961, durante una riunione dei responsabili del settore ideologia e propaganda, Chruščёv tracciò un bilancio delle nuove prospettive in politica estera. In esso egli espose in forma matura la nuova concezione della coesistenza pacifica elaborata a partire dal 1955-56. Egli ripeté che la guerra atomica sarebbe stata un disastro da evitare ad ogni costo, così come andavano evitati al massimo i conflitti locali, potenziali detonatori di quello generale. Ribadì l'importanza delle lotte di liberazione nazionale, vera spina nel fianco di un imperialismo costretto in ritirata. Nonostante le concezioni kruscioviane in politica estera siano spesso state un confuso impasto di improvvisazione, dogmi di partito, vecchi ricordi, orgoglio patriottico e impressioni personali, esse acquisirono dunque una strutturazione teorica abbastanza definita, destinata a reggere le scelte di Mosca fino alla fine degli anni Settanta. Non tutti i paesi fratelli erano però disposti a seguirne i precetti. Il 1961 fu anche l'anno della defezione dell'Albania, che si alleò con i cinesi, e del parziale distacco della Romania.
Ma anche questa volta, come già accadde nel 1957 con il lancio dello Sputnik, le brutte notizie furono bilanciate da un'altra grande impresa spaziale. Nell'aprile del 1961 Jurij Gagarin divenne il primo uomo a raggiungere lo spazio. Il giorno della celebrazione Chruščёv ripeté il suo argomento preferito, per altro non privo di efficacia:
Eravamo un paese scalzo e coperto di stracci, ci consideravano dei barbari, e ora guidiamo il mondo nello spazio.
Solo quattro giorni dopo, il tentativo americano di destituire Fidel Castro con un colpo di mano orchestrato con l'ausilio di esuli cubani fallì miseramente alla Baia dei Porci. Si aprì così un altro fronte di politica estera che ci sarà utile per comprendere meglio la visione kruscioviana delle relazioni con il mondo esterno.
Intanto la situazione si faceva sempre più critica a Berlino Est. Nel 1961 la fuga dei cittadini orientali si fece sempre più massiccia, raggiungendo le 1.000 unità al giorno. Nonostante Chruščёv temesse una risposta americana e sapesse cosa ciò significasse dal punto di vista propagandistico, decise di erigere un muro di “difesa anti-fascista”. La brutta cicatrice di cemento che presto attraversò la città stava ad indicare l'ammissione implicita del fallimento di un sistema, costretto a sigillare i propri confini per impedire la fuga dei propri cittadini. Tuttavia la scelta del muro si rivelò un efficace calmante per tensioni e contrapposizioni ed aiutò non poco le cancellerie occidentali a riprendere in mano problemi di altra natura.
Il muro non mise al riparo soltanto il regime della Germania Orientale dalla diserzione di massa e dal crollo economico, ma anche tutta l'Europa occidentale dal problema della destabilizzazione, soprattutto psicologica, che la Germania divisa implicava. Il fatto che gli americani abbiano lasciato fare senza intervenire fu un'ulteriore dimostrazione che la zona più “calda” della guerra fredda stava traslando dall'Europa al “Terzo mondo”, come la crisi di Cuba contribuì a dimostrare. Nelle sue memorie Chruščёv ricorda il momento in cui gli venne in mente di installare i missili nell'isola caraibica:
Durante una visita ufficiale in Bulgaria, un pensiero mi martellava la mente: cosa accadrà se perdiamo Cuba? Dovevamo escogitare un modo per contrastare l’America e non solo a parole. La logica risposta fu quella di sistemare dei missili. Gli Stati Uniti avevano già circondato l'Unione Sovietica con basi di bombardieri e missili. Sapevamo che i missili americani erano puntati contro di noi in Turchia e in Italia, per non dire della Germania occidentale. Non facevamo nient'altro che somministrare loro la stessa medicina.
A Cuba! l'avventura caraibica delle forze armate sovietiche
L'Operazione Anadir, come fu chiamata l'avventura cubana, fu approvata dal Presidium il 22 maggio 1962. Ad animare la decisione di installare i missili non era solo la difesa di Cuba. Il successo di una tale operazione avrebbe consentito ai sovietici di pareggiare la partita strategica con gli Stati Uniti e di poter trattare da pari su tutte le questioni su scala globale. Malgrado la segretezza dell'operazione, della quale fu tenuto all'oscuro anche l'ambasciatore a Washington Anatolij Dobrinin, gli Americani non poterono non essere insospettiti dall'arrivo di tante navi sovietiche a Cuba.
Foto scattata da un ricognitore americano U-2: vi si vedono le attrezzature per il trasporto dei missili balistici. |
Intensificarono perciò i controlli aerei, raggiungendo il 14 ottobre la certezza che i sovietici stavano installandovi delle postazioni missilistiche. La scoperta fu drammaticamente annunciata per televisione il 22 ottobre da Kennedy il quale, cosciente dell'inferiorità sovietica, e determinato a farla rimanere tale, decise di vedere il gioco di Chruščёv, stabilendo una “quarantena” navale intorno all'isola, senza però cedere a chi gli consigliava di ricorrere subito alla forza. Il 25, incoraggiato dalle reazioni di Mosca, che insisteva di non avere mire offensive, Kennedy divulgò una nota nella quale affermava che, pur non potendo tollerare quanto stava accadendo a Cuba, si stava operando per frenare le spinte di chi, dentro l'amministrazione americana, voleva passare all'azione.
Chruščёv rispose che era pronto a ritirare i missili a patto che gli Stati Uniti si impegnassero a non aggredire l'isola. Chruščёv sottolineò inoltre quale tragedia sarebbe stata una guerra tra i due paesi. Il 27 la televisione sovietica trasmise un secondo messaggio, nel quale venne formulata la richiesta aggiuntiva di ritiro dei missili americani dalla Turchia. Kennedy ignorò deliberatamente questa seconda richiesta ma accettò di buon grado la prima. Su questa base la crisi dei missili conobbe il suo felice epilogo.
Tuttavia sappiamo che i due leader ebbero contatti molto stretti e via via sempre più informali attraverso i residenti esteri dei servizi segreti sovietici a Washington. Il più importante di questi, Balsakov, ebbe intense relazioni con Robert Kennedy già dal maggio del 1961. Ovviamente il fratello del presidente ne ignorava la vera identità. Tuttavia questo rapporto si rivelò assai utile durante la crisi dei missili anche se fu Felsikov, il successore di Balsakov, a chiudere per conto del Cremlino l'accordo sul ritiro dei missili e a garantire a Chruščёv la volontà americana di eliminare i missili dalla Turchia.
Chruščёv: uomo di pace, ma in declino
In parallelo a questi eventi, Chruščёv raggiunse l'amministrazione americana con un toccante messaggio ispirato al completo ripudio della guerra. A detta di molti esso fu, dopo il rapporto segreto al XX Congresso, il documento politico in cui toccò il suo punto più alto, assicurandosi in occidente la fama, meritata, di uomo di pace.
L'avventura cubana segnò per molti aspetti l'inizio della fine per Chruščёv. I termini dell'accordo con Kennedy relativo ai missili Turchi non furono mai resi pubblici e la decisione di cedere alle pressioni di Washington sembrò ai più una ritirata dettata dalla mancanza di “attributi” (l'espressione, ben più volgare nella versione “ufficiale”, è da attribuire a Castro) da parte di Chruščёv.
Mao colse la palla al balzo e accusò l'avversario inizialmente di avventurismo e poi di capitolazionismo. Nel complesso, sul piano interno la crisi dei missili rappresentò per Chruščёv un duro colpo alla sua autorità. Per l'URSS rappresentò un'umiliazione strategica dalla quale liberarsi ad ogni costo. L'obbiettivo di raggiungere la parità strategica con gli Stati Uniti mise allora solide radici: condannerà l'economia sovietica a sostenere un nuovo micidiale fardello e il popolo a sopportare, con miracolosa pazienza, nuovi mostruosi sacrifici.
Grande articolo, grazie!
RispondiEliminaLo segnalerò all'autore, ne sarà contento :)
EliminaAppreciate you blogging thhis
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