Nel 1999 la Global Science Productions ha girato un documentario riguardante i cosmonauti perduti. Per meglio dire, il documentario riguarda il cosmonauta fantasma per eccellenza, Il'jušin.
Alcuni sostenitori della leggenda dei cosmonauti perduti considerano Vladimir Sergeevič Il'jušin, il famoso pilota collaudatore, come il primo cosmonauta ad aver orbitato attorno alla Terra e ad essere tornato vivo, lanciato con successo il 7 di aprile del 1961.
Ma ancora una volta il volo, funestato da avarie e difficoltà, si concluse in maniera inaspettata. Il'jušin atterrò nella Cina di Mao e atterrò bruscamente. Ferito, venne internato e curato dalle autorità cinesi, e solo un anno dopo rimpatriato. Così vuole la leggenda.
Cosmonaut cover-up, questo il nome del documentario, in poco meno di un'ora racconta questa storia, per altro abbastanza nota, e sostiene di dimostrarne la veridicità.
I fatti nel documentario
Diretto da Elliott Heimoff, Cosmonaut cover-up mira a smentire la verità storica. Anzi, per calarci meglio nell'ambiente, la "verità ufficiale". Gagarin non sarebbe il primo uomo ad aver orbitato intorno alla Terra. Non sarebbe nemmeno il primo ad essere tornato vivo. A precederlo sarebbe stato Vladimir Il'jušin.
Vladimiri Il'jušin. |
Non ripeto qui la storia in dettaglio, chi non la conosce può leggerla dal post Il'jušin: primo nello spazio? Per sommi capi, nella variante proposta dal documentario accade questo: il 7 di aprile la prima capsula Vostok viene lanciata nello spazio, a bordo è il pilota collaudatore Vladimir Il'jušin. Il volo sembra procedere bene, ma all'improvviso il cosmonauta cessa di rispondere alle chiamate. Ha perso i sensi. Da terra ci si appresta a farlo tornare il prima possibile, anche a costo di farlo atterrare in un altro paese. Alla terza orbita la capsula rientra nell'atmosfera ma Il'jušin, che è svenuto, non aziona il seggiolino eiettabile. Prende terra dentro la capsula, che non è progettata per ammortizzare bene l'urto, e riporta gravi ferite. Inoltre è atterrato non in Unione Sovietica, ma in Cina. I Cinesi, in rotta con i Sovietici, trattengono il cosmonauta per un anno intero. Nel frattempo in URSS viene lanciato Jurij Gagarin. Il volo questa volta è un pieno successo e Gagarin diventa ufficialmente il primo uomo a volare nello spazio.
I dettagli che non quadrano
Questi sono i fatti. Nel post su Il'jušin ho provveduto a sintetizzare le motivazioni per le quali questa storia non è plausibile. Il documentario sostiene invece che lo sia. Manco a farlo apposta riprende buona parte degli argomenti che la rendono non plausibile e li cita a sostegno della tesi! In sostanza vengono così ignorati tutti i dettagli che non quadrano e tutti quelli palesemente incoerenti con la storia della cosmonautica e con l'impostazione dei programmi sovietici.
- Il programma spaziale sovietico non ammetteva fallimenti: viene costantemente ripetuto, come un mantra, durante tutto il documentario. E lo si ripete spesso anche altrove, tanto che molti lo pensano vero. L'affermazione è vera solo in parte. Il programma spaziale sovietico non ammetteva un fallimento, se era in grado di nasconderlo. Gli incidenti mortali con personale a bordo, impossibili da nascondere, sono sempre stati ammessi: Sojuz 1 e Sojuz 11 lo dimostrano.
Uno schema sovietico che presenta la capsula
Vostok e il suo sistema di comunicazione.La voce narrante del documentario sostiene che la capsula Vostok fosse il posto dove un pilota collaudatore dell'esperienza di Il'jušin - già pluridecorato all'epoca - sarebbe servito di più. Non posso che chiedermi come lo si possa affermare. La capsula Vostok era automatica e controllata da terra per telemetria, il carico di lavoro per il pilota era relativamente ridotto.- Se l'esperienza di un collaudatore era così necessaria, perché nessuno dei cosmonauti del programma Vostok era un collaudatore? Erano tutti buoni piloti, provenienti dalla difesa aerea e dal volo sui caccia, ma non erano certo al livello di un collaudatore come Il'jušin.
- Le ferite di Il'jušin vengono causate dall'atterraggio compiuto rimanendo all'interno della capsula, modalità di rientro per la quale la capsula Vostok non era progettata. Il motivo addotto è che, essendo svenuto, non aveva potuto azionare il seggiolino eiettabile. Solo dei pazzi avrebbero potuto progettare un sistema di rientro del genere, affidandone l'esecuzione al pilota. E infatti così non era: il seggiolino eiettabile della Vostok si azionava automaticamente, perché era collegato a un barometro. Questo dettaglio viene bellamente ignorato.
- Il curriculum vitae di Il'jušin è in perfetta antitesi con quelli dei cosmonauti del programma Vostok. Il'jušin era un uomo molto famoso, un pilota con dei record mondiali al suo attivo. Era comparso sulle prime pagine dei giornali in quel tempo in cui i record dell'aviazione interessavano il pubblico. Il'jušin era anche un uomo "ben nato": suo padre, Sergej Il'jušin, era un noto ingegnere aeronautico, il suo ufficio tecnico era responsabile della progettazione degli aerei civili, insomma un pezzo grosso dell'ambiente tecnocratico sovietico. Gli altri cosmonauti invece? Tutti i piloti assegnati al programma Vostok erano figli del popolo nel senso letterale dell'espressione. Il padre di Gagarin era un carpentiere, sua madre una lattaia. Valentina Tereškova era operaia in un'industria tessile. Solo Nikolaev era laureato, gli altri erano tutti in possesso di diplomi tecnici. La modesta estrazione sociale era stato uno dei criteri di selezione, insieme alla prestanza fisica, nervi saldi e affidabilità ideologica. In un gruppo siffatto che senso avrebbe avuto inserirvi un uomo come Il'jušin, che più che un figlio del popolo era un figlio della nomenklatura? L'effetto propagandistico sarebbe andato in fumo.
Le prove a sostegno
Cosmonaut cover-up è un documentario di un certo impatto visivo, con sequenze veramente molto belle. Purtroppo si tratta sempre di materiale di repertorio, a volte abbinato non troppo bene con ciò che racconta la voce narrante.
Un Sukhoi Su-9, Fishpot per NATO. |
Quando si parla del record di altitudine segnato da Il'jušin con un caccia Su-9, per esempio, le immagini mostrano un MiG-21. Il documentario fa cilecca con i materiali non secretati e quanto a materiale nuovo non mostra nemmeno un fotogramma.
Quando si tratta di mostrare i lanci e i cosmonauti la situazione si fa pure peggiore. Devo dire che gli autori sono stati assai scorretti nei confronti del loro pubblico. Mentre la voce narrante descrive l'addestramento di Il'jušin e il suo lancio scorrono delle sequenze che mostrano le attrezzature, la rampa di Tjura-tam, il razzo R-7, i cosmonauti, la centrifuga e tanto altro. In quelle sequenze non compare mai Vladimir Il'jušin, si tratta sempre di altri cosmonauti, di altri lanci. Cosmonauti e lanci ben conosciuti, sui quali non si possono fare tante illazioni. Quando Il'jušin compare, compare sempre in tutt'altro ambiente: sulla pista con un caccia, al Cremlino mentre riceve un'onorificenza. Insomma, proprio le sequenze che da sole avrebbe fornito una prova inequivocabile della partecipazione di Il'jušin al programma spaziale, e con ciò reso più plausibile la storia, non si vedono.
Ci sono anche delle interviste.
- Sergey Chruščёv, progettista di missili, figlio dell'allora primo ministro sovietico, parla delle paranoie e della sindrome da segretezza che caratterizzavano molti aspetti della vita sovietica. Dello stesso tenore l'intervista a Roald Sagdeyev, professore di fisica dell'Accademia delle Scienze.
- Tom Maggard, giornalista e storico, riassume gli argomenti già esposti dalla voce narrante.
- Jurij Lizlov, colonnello delle Forze missilistiche strategiche, dice che Il'jušin fu molto meticoloso durante il suo addestramento da cosmonauta.
- Anatoli Gruščenko, in servizio nell'aviazione sovietica tra il 1960 e il 1972, congedato con grado di capitano, dichiara di aver ricevuto dai suoi superiori l'ordine tassativo di distruggere tutte le pellicole in suo possesso. Erano i filmati del lancio di Il'jušin. L'ordine venne accompagnato dalla minaccia di un trasferimento permanente a un nuovo indirizzo per lui e la sua famiglia: un indirizzo siberiano.
- Gordon Feller, giornalista, sostiene di aver visto, durante una sua visita al Cremlino, dei documenti che provano il lancio di Il'jušin.
- E naturalmente Dennis Ogden, all'epoca corrispondente da Mosca per il Daily Worker, che per primo scrisse di un lancio pilotato avvenuto il 7 di aprile.
Conclusioni. Più docufiction che documentario
Mentre scrivo Cosmonaut cover-up è visibile su youtube. Se qualcuno tra i lettori lo guarderà e vorrà dire cosa ne pensa, sarà il benvenuto: il paese degli Sputnik è contento di ricevere nuove opinioni.
Il documentario, a mio parere, non presenta alcuna prova: non un filmato con Il'jušin che indossa la tuta da cosmonauta, non una foto di Il'jušin in mezzo ai piloti e agli ingeneri del programma Vostok.
Esclusi Lizlov e Gruščenko, nessuno degli intervistati parla della partecipazione di Il'jušin al programma spaziale. Non sono riuscito a trovare alcuna informazione sui due ufficiali. Se si esclude questo documentario, sembrano sconosciuti. Quanto a Gordon Feller, sostiene di essere stato autorizzato a leggere dei documenti secretati sul lancio di Il'jušin, ma a condizione di non prendere appunti mentre era nell'archivio. In ogni caso dai documenti in questione non emerge nulla di più della leggenda così come la si raccontava, non un dettaglio diverso, non un dettaglio in più.
In assenza di prove tangibili credere a questa storia è un puro atto di fede nei confronti di Lizlov e Gruščenko, dei quali nulla si sa, e di Feller, che nei documenti sovietici ha trovato la leggenda riepilogata a uso e consumo di chi la sosteneva. Il documentario non aggiunge niente alla leggenda e nulla dimostra. Le prove a sostegno della tesi, nonostante gli annunci, continuano a latitare.
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Una curiosità a margine. Cosmonaut cover-up parla di sette cosmonauti uccisi in addestramento: Ledovsky, Mitkov, Shiborin, Belokonev, Dolgov, Gračev, Kačur. Secondo il documentario l'informazione proviene da documenti sovietici ormai liberamente consultabili. Si tratta di nomi ben noti alla leggenda dei cosmonauti perduti. Però il documentario ne muta il motivo del decesso.
Nelle varianti della leggenda che conosco Shiborin, Mitkov e Ledovky muoiono in falliti lanci suborbitali nella seconda metà degli anni '50. Dolgov, Gračev, Kačur e Belokonev muoiono invece in falliti lanci orbitali durante i primi anni '60. Maria Gromova, uno dei cavalli di battaglia dei lanci suborbitali falliti, non è pervenuta. La cosa più curiosa è che nei documenti sovietici si parla di un solo cosmonauta morto in addestramento ed è Valentin Bondarenko. Ma di Valentin Bondarenko il documentario non fa parola.
Grazie della segnalazione su Youtube. Hai detto tutto benissimo tu, non c'è bisogno di aggiungere niente!
RispondiEliminaTi ringrazio! Speriamo che il documentario non venga tolto.
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