mercoledì 5 febbraio 2014

Chruščёv e il XX Congresso del PCUS


Intervento di Kruscev al XX Congresso del PCUS.
Il 1956 fu l'anno del XX Congresso del PCUS. Entrò nella storia per la denuncia dei crimini di Stalin. La relazione sulle sue colpe fu una mossa a sorpresa seguita a un lungo dibattito interno tra gli eredi del dittatore. Una sorpresa voluta e decisa dal segretario del partito Nikita Chruščёv. Alla decisione non furono estranee le inimicizie e le diverse visioni politiche dei personaggi che si contendevano la successione. Le divergenze riguardavano organigrammi, poltrone e più in generale il futuro del paese.

Forte era il ricordo delle divergenze già maturate prima della morte del dittatore, che ora emergevano senza possibilità di compromesso. Ai vertici del partito sedevano personalità più aperte alle riforme e ai cambiamenti accanto a irriducibili e vecchi stalinisti. Questi due schieramenti furono concordi all'unanimità solamente su una questione: la volontà di sbarazzarsi di Berija e del suo entourage. L'eliminazione dell'”anima nera” del regime, avvenuta tre anni prima, fu certamente un segnale importante per tutti coloro che desideravano liberare la dimensione politica dal ricatto e dalla paura dell'eliminazione fisica.



La fucilazione di Berija: si apre uno spiraglio nell'universo concentrazionario


Nel luglio del 1955 si tenne il plenum del Comitato Centrale del partito incaricato di avviare i preparativi del XX Congresso. Una delle questioni cruciali che vi furono discusse fu il modo in cui affrontare i milioni di richieste che i cittadini stavano inviando alle procure e alle istanze di partito. Sopprimendo Berija, il capo assoluto dei servizi di sicurezza, e accusandolo di aver commesso crimini inauditi contro cittadini innocenti, si concretizzò per i familiari dei repressi la possibilità di chiedere il riesame dei casi relativi ai propri congiunti.

Chruščёv, che capì prima e meglio degli altri che era impossibile tacere, spinse perché venisse creata una commissione d'inchiesta su quanto accaduto. Finalmente, superando le resistenze di Kaganovič e di Molotov, la commissione poté iniziare i suoi lavori in dicembre. Fu deciso che si sarebbe occupata della sorte dei delegati al XVII Congresso del partito del 1934 e quindi dell'élite comunista travolta dalle purghe del 1936-38. A capo della commissione, per rassicurare la turbata e preoccupata vecchia guardia stalinista, venne posto Pospelov, uno dei funzionari più ortodossi del Comitato centrale. 

Ai primi di febbraio egli presentò una relazione che non lasciava adito a dubbi. In base alla documentazione e alle testimonianze raccolte dalla commissione, Stalin aveva personalmente diretto il terrore attraverso la fabbricazione di “complotti” su misura e l'autorizzazione all'utilizzo della tortura fisica per estorcere le confessioni agli accusati. Un imbarazzatissimo Pospelov parlò poi di 1,9 milioni di arrestati e di 688 mila fucilati. 

Si avvicinava intanto il Congresso del partito e Chruščёv e gli altri dirigenti si chiedevano quale fosse il modo migliore per affrontare la questione. Il modo più semplice sarebbe stato continuare a scaricare tutte le colpe su Berija, ma Chruščёv si oppose a un tale insabbiamento. Nel frattempo Pospelov fu incaricato di stendere una bozza sui risultati raggiunti dalla commissione. Chruščёv fu designato a presentare il rapporto introduttivo del XX Congresso che si aprì il 14 febbraio del 1956. 



Il XX Congresso del PCUS


Stalin visita i cantieri del canale di Mosca, costruito da prigionieri dei Gulag tra il 1932 e il 1937.
Stalin in visita ai lavori del canale di Mosca, costruito fra
il 1932 e il 1937 da prigionieri politici.
Il documento introduttivo da lui letto, che si occupò di tutto, non toccava né l'opera, né il ruolo, né la figura di Stalin. Rompeva però radicalmente con lo stalinismo in politica estera e riapriva alla possibilità di percorrere “vie nazionali” per la costruzione del socialismo. 

I delegati al congresso, ignari di ciò che stava accadendo dietro le quinte, rilevarono alcuni sintomi abbastanza strani. Durante l'elaborata cerimonia di apertura del Congresso, il presidente di turno era solito ricordare tutti i compagni defunti nell'intervallo tra un Congresso e l'altro. Tutti attendevano quindi un grande elogio di Stalin per rimpiangerne la morte e sottolineare lo smarrimento e il cordoglio. Ma l'attesa fu vana. In silenzio e in piedi, i delegati e gli ospiti ascoltarono una sfilza di nomi e solo verso la fine, dopo un giapponese sconosciuto, si sentì pronunciare il nome di Stalin, Iosif Vissarionovič. Data la sapiente regia dei Congressi, dove nulla era lasciato al caso, non poteva trattarsi di un semplice errore di protocollo. Molti delegati si scambiarono gli sguardi per vedere se il vicino aveva capito di più. La vicenda lasciò assai perplessi.

Comunque, nonostante il suo iniziale silenzio, Chruščёv non aveva rinunciato ad affrontare la questione Stalin. Egli convocò i massimi dirigenti del partito e fece il seguente discorso:
Quando un Congresso inizia i suoi lavori si interrompono i poteri di tutti gli organi dirigenti del partito, e la facoltà di decidere tutte le questioni più importanti spetta al Congresso. Io non ho detto niente sui crimini di Stalin nel rapporto da me presentato a nome del Comitato centrale, ma nessuno può impedirmi di prendere la parola su questo tema come semplice delegato.
Come Chruščёv smise di parlare, alcuni dirigenti assai noti per i loro legami con il dittatore defunto lo attaccarono pesantemente. Essi temevano che una denuncia mossa contro Stalin davanti ai delegati si sarebbe ritorta contro il partito, avrebbe danneggiato la reputazione del paese e infine avrebbe travolto loro stessi. Ma Chruščёv tenne duro e sostenne con decisione l'impossibilità di continuare a tacere. Egli era convinto che prima o poi i prigionieri sarebbero tornati alle loro case e avrebbero raccontato quanto accaduto e che sarebbe stato impossibile nascondere per sempre dei crimini di massa perpetrati contro milioni di persone. Ribadì che il primo Congresso dopo la morte di Stalin aveva l'obbligo di prendere posizione davanti ai delegati di fatti così importanti per il paese e il partito. Gli avversari della denuncia pubblica insistettero, adducendo alla possibilità di esserne travolti. Allora Chruščёv, mostrando un coraggio superiore ai suoi pari e quindi una statura ben diversa, si dichiarò pronto, nel caso, a pagare per le colpe personali. Poi aggiunse:
per chiunque abbia commesso un crimine giunge sempre il momento delle confessioni, ma solo così ci si può assicurare se non l'assoluzione, almeno l'indulgenza.
Ritratto di Stalin che riceve dei fiori da giovani comunisti.
A seguito di una serie di trattative si decise che Chruščёv avrebbe letto un rapporto Sul culto della personalità e le sue conseguenze, non a titolo personale ma a nome del Comitato Centrale e non in un seduta ordinaria del Congresso ma in una speciale “seduta a porte chiuse”, che si sarebbe svolta dopo l'elezione del nuovo Comitato Centrale. Inoltre fu deciso che a seguito della lettura del rapporto “segreto” non ci sarebbe stato alcun dibattito tra i delegati.

L'uomo che i delegati ascoltarono quel 25 febbraio era ben diverso da quello che avevano udito dieci giorni prima. Per quanto per lo storico le cose dette da Chruščёv possano apparire scontate, per molti dei presenti furono delle vere e proprie rivelazioni. Il rapporto può essere suddiviso come segue:
  • una panoramica sulle illegali repressioni di massa approvate da Stalin, delle spietate torture alle quali erano stati sottoposti molti degli arrestati, fra cui persino membri del Politburo, delle lettere scritte prima di essere giustiziati e delle loro ultime parole;
  • un riferimento sul conflitto che contrappose Stalin all'ultimo Lenin e alla proposta di questi di rimuoverlo dalla carica di segretario generale (testamento di Lenin);
  • le oscure circostanze che avvolsero l'assassinio di Kirov nel 1934 e riferimenti relativi alla possibile regia di Stalin nella sua realizzazione;
  • le responsabilità e il comportamento di Stalin durante i primi mesi di guerra, nell'estate 1941. Chruščёv rivelò che il despota, profondamente traumatizzato, abbandonò in quei giorni il posto di guida del paese. Inoltre, una volta ripresosi, prese alcune decisioni militari disastrose, umiliando i generali e danneggiando la capacità dell'esercito di difendere il paese;
  • la possibilità che negli ultimi anni di vita Stalin stesse preparando una nuova repressione, avvalorata dall'allontanamento dalla direzione politica di Molotov, Mikojan, Kaganovič e Vorošilov;
  • le responsabilità di Stalin nel dissesto dell'agricoltura, nell'aumento delle tensioni internazionali, nello stimolo e nascita del proprio culto, nella falsificazione della storia del partito e nell'esaltazione della propria figura.

Il rapporto, anche considerando le lacune, le contraddizioni e la mancanza di una vera analisi su basi teoriche, fu una bomba. Chruščёv, ponendo Stalin sul banco degli imputati, sapeva di essere andato contro l'opinione del partito e di correre notevoli rischi, anche personali. Tuttavia, facendolo, egli si elevò al di sopra degli altri dirigenti e toccò, forse, il vertice della sua carriera. Chruščёv ebbe il coraggio di “denunciare Dio”, screditando l'idea stessa della legittimità del potere assoluto e permettendo alle persone ancora succubi di rialzarsi in piedi. Ad essi il discorso di Chruščёv diede la possibilità di iniziare un percorso di emancipazione, innanzitutto interiore e psicologico, dai traumi inferti dal tiranno. 



Una valutazione del rapporto del 25 febbraio


Il successo dell'iniziativa, che incontrò notevoli resistenze, è da accreditare all'insistenza e alla determinazione di Chruščёv. Egli non ebbe grandi alleati e il suo merito storico viene ingigantito da questa vittoriosa solitudine. Il Chruščёv del rapporto segreto non fu l'oscuro burocrate e carrierista formatosi negli anni trenta alla corte di Stalin. Piuttosto emersero le esperienze e le suggestioni del ragazzo impegnato nei moti rivoluzionari del 1917 e nella guerra civile. Emerse, quindi, il bolscevico degli anni Venti, capace di una propria elaborazione critica della storia del partito e del paese.

Il coraggio e i contenuti libertari della denuncia non ne cancellarono però i limiti politici e analitici. Esso fu mendace e superficiale, nonché basato su alcune falsificazioni che contribuirono a mantenere celate altre terribili verità.
  • Il rapporto individua nel 1934 l'inizio dei crimini staliniani. Ciò significò ignorare le terribili sofferenze subite dalla popolazione nel 1929-33 e quindi  continuare a legittimare l'essenza del sistema costruito da Stalin, fondato sul primato dell'industria pesante, sull'agricoltura collettiva e sulla sottomissione della manodopera agli obbiettivi del piano.
  • Il terrore del 1936-38 venne presentato come un fenomeno repressivo che fece dei quadri del partito e dello Stato le sue vittime esclusive. In questo modo si evitò di ammettere che la stragrande maggioranza delle vittime furono in realtà semplici cittadini, appartenenti ad alcune categorie sociali oppure alle nazionalità punite con la deportazione.
  • Il partito venne presentato come vittima del terrore e non come artefice e strumento del suo perseguimento. In questo modo Chruščёv assolse non solo le vittime delle purghe, comunque partecipi e responsabili di crimini inauditi prima di cadere a loro volta, ma anche tutti i compagni più vicini a Stalin, Chruščёv incluso. Egli infatti ribadì l'irresponsabilità del sistema, garantendo l'impunità a chi ubbidì a qualsiasi tipo di ordine.

Ritratto propagandistico di Stalin che prende in braccio un bambino.
Nonostante tutti i suoi limiti, il rapporto segreto fece parecchia sensazione, sia in patria sia all'estero. In URSS, nei mesi successivi al Congresso, il documento fu letto in migliaia di riunioni di partito e in tutte le sedi istituzionali del paese. La reazione della popolazione fu contraddittoria e cambiò in base ai luoghi e al gradino occupato nella piramide sociale sovietica. In Georgia una folla immensa si radunò in piazza per difendere il grande connazionale così beffardamente insultato a Mosca. Le manifestazioni si tramutarono in tumulto e reparti dell'esercito dovettero sedare la rivolta nel sangue. 

Il processo di destalinizzazione in atto fu accolto con maggior entusiasmo dagli ambienti della cultura e della scienza. Presto si formarono gruppi di discussione che posero al centro non solo i crimini di Stalin ma anche la natura del sistema in sé. I ceti medi delle città, gli impiegati dei ministeri e degli enti statali, privilegiati e stalinizzati nel profondo, non riuscirono a capire, né forse lo vollero, come fosse stato possibile commettere una “sciocchezza” del genere. Molti di loro avrebbero preferito che i “panni sporchi” si lavassero al chiuso, senza esporre il paese ad una umiliazione così grande. 

Le masse proletarie dell'industria e delle campagne, abituate per anni dalla propaganda a ritenere che tutto l'esistente fosse un'estensione della volontà benevola di Stalin, reagirono con sdegno e cinismo, consapevoli che i “denunciatori” rappresentavano comunque un partito e un sistema di cui non ci si poteva fidare, nemmeno dopo la condanna di Stalin. 



Il disgelo


Infine, per tutti coloro che subirono le repressioni, le deportazioni e la perdita di parenti e amici, si aprì una nuova era: un'era di speranza e di ritrovata fiducia nel futuro. Infatti il XX Congresso velocizzò le liberazioni e le riabilitazioni dei repressi. Nel marzo 1956 furono istituite centinaia di commissioni speciali incaricate di esaminare i casi nei luoghi di detenzione. Alla fine dell'anno i liberati furono 350 mila e i riabilitati quasi 60 mila. L'universo concentrazionario sovietico si ridusse e furono attuate riforme per migliorare le condizioni della detenzione e per salvaguardare l'aspetto rieducativo del detenuto.

Tuttavia tra aprile e giugno alcune risoluzioni del Comitato Centrale testimoniarono la preoccupazione del gruppo dirigente e l'imbarazzo dello stesso Chruščёv di fronte alle più sgradite conseguenze delle sue rivelazioni. Gli sforzi congiunti degli stalinisti produssero il loro effetto: il 30 di giugno del 1956 il plenum del Comitato Centrale adottò la risoluzione Sul superamento del culto della personalità e sulle sue conseguenze. 

La risoluzione si apriva con un elenco dei meriti di Stalin come statista, teorico e organizzatore. Vennero meritoriamente menzionate le sue vittorie contro le opposizioni, nella costruzione del socialismo, nelle lotte di liberazione nazionale e nello sviluppo del movimento comunista internazionale. 

I suoi crimini vennero circoscritti e derubricati ad abusi di potere frutto dei suoi difetti personali. Infine venne solennemente dichiarato che il culto della personalità, pur frenando lo sviluppo corretto del socialismo in URSS, non ne aveva tuttavia degenerato l'essenza positiva e progressiva. Chruščёv, conscio di aver comunque inferto il primo duro colpo, lasciò fare. Il contenuto della risoluzione del 30 giugno diverrà, tuttavia, la base ideologica del conformismo post-staliniano.

3 commenti:

  1. Pisci hai materiale sui pensatori del periodo Brezneviano? Che ne so qualche critica del 68, o dell'eurocomunismo non riesco a trovare nulla pare solo che mandassero solo sonde nello spazio, a detta del Madeddu o si limitassero a far vedere che avevano l'ICBM più grosso. Si legge solo Samizdat pubblicato e nulla dei pensatori e letterati organici, avevo letto che a quanto pare l'ideologo del neostalinismo era un certo Suslov di cui non si trova molto però. Penso che lo studio di quell'epoca della politica di quel periodo ci aiuti a comprendere meglio la Russia di oggi. In realtà la cosidetta stagnazione Brezneviana andrebbe rivalutata penso che in Russia lo stiano già facendo, ma in occidente di quel periodo non abbiamo molto materiale tradotto.

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    1. Si, ho qualche cosa, tipo "L'URSS dal trionfo al degrado" di Graziosi. Ma posso anche consigliarti "Dall'URSS alla Russia" di Boffa che puoi trovare alla biblioteca provinciale.

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