mercoledì 28 gennaio 2015

Luna 9: il primo allunaggio morbido


Il modulo di discesa della sonda Luna 9 con la capsula 
racchiusa nella parte superiore.
Il 31 gennaio 1966, dalla base di lancio di Tjuratam nei pressi del cosmodromo di Bajkonur, il programma spaziale sovietico proseguiva con i lanci delle sonde della serie Luna spedendo in orbita una nuova stazione automatica che avrebbe dovuto raggiungere la Luna con un atterraggio morbido sulla superficie del corpo celeste.

Si trattava di un tentativo che era stato già messo a punto più volte tra l'aprile 1963 e il dicembre 1965 con i lanci ufficiali della sonde Luna 4, 5, 6, 7 e 8. Queste cinque missioni non riuscirono tuttavia a fare compiere alle sonde un atterraggio morbido perché sbagliarono traiettoria o si schiantarono sul suolo lunare distruggendo la strumentazione di bordo. (Lo storico successo di Luna 2 faceva ormai parte del passato e la nuova missione del programma non prevedeva più l'impatto violento tipico delle “sonde kamikaze” ma un allunaggio morbido più avanzato, sofisticato e difficile da realizzare).

Nel complesso, prima di Luna 9, furono effettuati dodici tentativi di atterraggio dolce sulla superficie lunare. Le missioni fallite, non registrate come parte del Programma Luna pur avendone fatto parte, erano state all'epoca “risparmiate” all'opinione pubblica, oppure le sfortunate stazioni automatiche avevano preso una designazione differente, come nel caso delle sonde Kosmos, per salvare la faccia al programma spaziale sovietico.

In alcuni di questi casi i vettori di lancio non erano riusciti a vincere la forza di gravità impedendo così alle sonde di raggiungere lo spazio; in altri casi, il veicolo diretto verso la Luna non aveva raggiunto la spinta necessaria e, attirato dalla gravità terrestre, era bruciato in atmosfera.




Un nuovo primato sovietico

La capsula della sonda Luna 9.
La capsula che il 3 febbraio 1966 si posò sulla superficie
lunare conteneva la strumentazione per i rilievi
fotografici da inviare sulla Terra.

A tre giorni dal lancio di Luna 9, la sonda era riuscita a posarsi sulla superficie lunare con una manovra di allunaggio morbido consegnando all'Unione Sovietica, dopo qualche anno di insuccessi non dichiarati, un altro grande trionfo nel programma di esplorazione automatica della Luna e nella corsa allo spazio in generale.

Gli Stati Uniti, in effetti, non avevano ancora raggiunto questo traguardo con i programmi della NASA, e la missione di Luna 9 aveva costituito per Washington una nuova pesante sconfitta nell'ottica della competizione tra le due superpotenze nel settore spaziale.

Il 3 febbraio 1966 la sonda sovietica si era posata con successo nella zona dell’Oceanus Procellarum (Oceano delle Tempeste) trasmettendo a terra le prime immagini riprese direttamente dalla superficie selenica.

Oltre allo straordinario traguardo nell'aver ottenuto per la prima volta dei fotogrammi lunari a distanza ravvicinata, Mosca poteva vantarsi di aver fatto sbarcare la prima stazione automatica in assoluto su un corpo celeste.

La missione aveva consentito agli scienziati sovietici di svelare alcuni importanti misteri e dubbi in merito al suolo lunare. Innanzitutto la realizzazione dell'allunaggio aveva determinato che la superficie del corpo celeste era abbastanza solida da consentire agli strumenti artificiali di posarsi senza alcun danno. Fino a quel giorno si era infatti ipotizzato che il terreno sabbioso del satellite naturale avrebbe potuto fare sprofondare i veicoli di allunaggio.

Queste allarmanti preoccupazioni furono smentite dal successo della sonda che aveva dato una dimostrazione tangibile che la Luna era costituita da una superficie abbastanza compatta per compiere un allunaggio di un qualsiasi veicolo senza problemi. Luna 9 aveva quindi permesso di aprire la strada ai successivi allunaggi di strumentazione e mezzi fino allo sbarco umano degli astronauti americani nel luglio del 1969.

Luna 9 aveva inoltre consentito, con la strumentazione di bordo, di ottenere dati più certi di quelli fino ad allora conosciuti sulla superficie della Luna analizzando l'attività sismica, la temperatura, effettuando spettrografie del suolo tramite raggi X e raggi gamma.

L'apparato fotografico, in grado di effettuare riprese a 360 gradi, grazie a una fotocamera con sistema a specchi, aveva infine consentito di svolgere brillantemente il principale obiettivo della missione: ottenere e trasmettere sulla Terra le immagini dei più minuti particolari della superficie.



L'attività di Luna 9


Panorama della superficie lunare fotografato da Luna 9.
I primi fotogrammi ottenuti dalla fotocamera di Luna 9.
Luna 9, realizzata dall'ufficio di progettazione OKB-301 di Semjon Lavočkin, era una sonda di modello E-6M, leggermente migliorata, alleggerita nel peso e costituita da molti più strumenti delle precedenti sonde del Programma Luna.

Le sue caratteristiche tecniche sofisticate avevano permesso la realizzazione di complicate ma necessarie manovre per compiere l’allunaggio senza danneggiare la strumentazione di bordo utile ad effettuare le riprese.

Durante l'avvicinamento alla superficie lunare un retrorazzo principale aveva rallentato la discesa della capsula mentre motori a razzo più piccoli avevano mantenuto l’assetto.

Il primo contatto con il suolo era stato compiuto da un braccio meccanico che non appena aveva toccato la superficie aveva comandato il rilascio della capsula vera e propria attrezzata con air-bag.
Dopo aver rimbalzato a qualche metro di distanza dal veicolo di atterraggio il sistema di air-bag aveva generato una piccola esplosione per poter liberare la capsula ovoidale di 60 centimetri di diametro contenuta al suo interno.

Una volta depositatasi indenne sul suolo lunare la capsula si era raddrizzata da sola grazie alla zavorra installata alla base, ed era da quel momento pronta per attivare le strumentazioni.

Prima di effettuare le riprese quattro petali metallici superiori che proteggevano gli apparecchi tecnici ricoprendo la capsula si erano aperti offrendo al sistema di ripresa un orizzonte che si estendeva per circa un chilometro e mezzo.

La telecamera a torretta a scansione meccanica, contenuta nella capsula, aveva trasmesso per giorni numerose immagini panoramiche a media risoluzione della zona circostante il luogo di allunaggio.
Oltre ai fotogrammi lunari era stata ottenuta anche una serie di dati sulle radiazioni.

Luna 9 era riuscita a inviare a terra una serie di 9 immagini (di cui 5 panoramiche) della superficie attraverso il sistema radio per la trasmissione. L'esaurimento della carica delle batterie, avvenuto il 6 febbraio 1966, aveva infine messo termine all'attività della sonda dopo tre giorni di intenso lavoro.

Le immagini ottenute furono infine assemblate sulla Terra per ottenere una panoramica completa della zona di allunaggio.
  


L'intercettazione delle immagini


Prima pagina del Daily Express con le foto lunari scattate da Luna 9.
Grazie a Luna 9 per la prima volta nella storia uno strumento realizzato dall'uomo aveva permesso di osservare la Luna a livello della sua superficie.

La regione fotografata nell'Oceanus Procellarum comprendeva l'area a ovest dei crateri Marius e Reiner.

Un fatto curioso all'epoca della missione di Luna 9 è stato costituito dalla diffusione delle immagini da parte di alcuni media britannici prima che i sovietici pubblicassero i fotogrammi ufficiali da loro stessi ottenuti.

Le fotografie dettagliate erano attese con vigore da tutta la comunità scientifica internazionale che negli anni Sessanta seguiva con interesse le fasi delle missioni automatiche sovietiche sulla Luna.

Il segnale radio di trasmissione dei fotogrammi che l'apparecchiatura radio di Luna 9 aveva diretto al centro di controllo dell’Unione Sovietica era stato intercettato dall'osservatorio inglese di Jodrell Bank proprio nei giorni in cui la stazione automatica stava operando sul suolo lunare.

In quegli anni il celebre osservatorio britannico monitorava costantemente i percorsi di tutti i satelliti lanciati in orbita, compresi quelli sovietici.

Durante l'analisi del percorso di Luna 9 gli operatori di Jodrell Bank si erano resi conto che il formato di trasmissione delle fotografie era molto simile a quello utilizzato dallo standard internazionale delle testate giornalistiche per l'invio delle immagini.

Sfruttando questa convenienza l'osservatorio era riuscito ad entrare in possesso delle preziose immagini della superficie lunare addirittura prima che l'Unione Sovietica diffondesse la versione ufficiale.

Così, nella serata del 4 febbraio 1966 il primo dei quattro fotogrammi catturati fu trasmesso sulla TV britannica e la mattina successiva il quotidiano inglese “Daily Express stampò in prima pagina l'immagine della Luna “rubata” ai sovietici.

Bernard Lovell, il direttore dell'osservatorio aveva definito “meravigliosi e terrificanti” i fotogrammi ottenuti, stupendosi del fatto che gli scienziati sovietici avessero progredito tanto nel campo dell'esplorazione spaziale.

Ci sono diverse versioni in merito al motivo per cui Mosca si sarebbe fatta scappare l'opportunità di divulgare per prima i suoi fotogrammi.

Secondo le prime ipotesi della BBC News, gli scienziati sovietici nel progettare la sonda avevano previsto la possibilità che gli occidentali entrassero in possesso dei fotogrammi di Luna 9 evitando così l'imbarazzo di dover chiedere le immagini direttamente a Mosca.

Si pensa inoltre che gli scienziati di Luna 9 volessero, questa volta, evitare tutta il classico processo di propaganda trionfale tipica di ogni successo delle loro missioni spaziali.

Nonostante queste convinzioni poco chiare, il giorno dopo la pubblicazione delle fotografie da parte del “Daily Express” la situazione per poco non precipitò in un incidente internazionale quando le autorità del Cremlino si irritarono notevolmente nel constatare che le immagini della loro missione spaziale erano passate in mano agli occidentali prima che la propaganda di regime le avesse potute pubblicare.

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Fonti


Boschini Luca, Il mistero dei cosmonauti perduti. Leggende, bugie e segreti della cosmonautica sovietica, Padova:Cicap, 2013.
Braccesi Alessandro, Caprara Giovanni, Hack Margherita, Alla scoperta del sistema solare, Milano: Arnoldo Mondadori, 2000.
Cavina Stefano, Apollo, la sfida della Luna, Serravalle: AIEP, 2011.
Cecchini Gino, Il cielo: luci e ombre nell’universo, Torino: Utet, 1969.
Dyer Alan, Missione Luna, Milano: Touring, 2009.
Gatland Kenneth W., Esplorazione dello spazio: tecnologia dell’astronautica, Novara: Istituto Geografico DeAgostini, 1983.
Nitschelm Christian, Christine Ehm, Myriam Schleiss, Piccola enciclopedia della luna, Milano: Rizzoli, 2003.

“Daily Express”, Saturday 6th February 1966, p. 1.

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