Il modulo di discesa della sonda Luna 9 con la capsula
racchiusa nella
parte superiore.
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Il 31 gennaio 1966, dalla
base di lancio di Tjuratam nei pressi del cosmodromo di Bajkonur, il programma
spaziale sovietico proseguiva con i lanci delle sonde della serie Luna spedendo in orbita una nuova
stazione automatica che avrebbe dovuto raggiungere la Luna con un atterraggio morbido sulla superficie
del corpo celeste.
Si trattava di un tentativo che
era stato già messo a punto più volte tra l'aprile 1963 e il dicembre 1965 con
i lanci ufficiali della sonde Luna 4, 5,
6, 7 e 8. Queste cinque missioni non riuscirono tuttavia a fare compiere
alle sonde un atterraggio morbido perché sbagliarono traiettoria o si
schiantarono sul suolo lunare distruggendo la strumentazione di bordo. (Lo
storico successo di Luna 2 faceva
ormai parte del passato e la nuova missione del programma non prevedeva più
l'impatto violento tipico delle “sonde kamikaze” ma un allunaggio morbido più
avanzato, sofisticato e difficile da realizzare).
Nel complesso, prima di Luna 9, furono effettuati dodici tentativi di atterraggio dolce
sulla superficie lunare. Le missioni fallite, non registrate come parte del Programma Luna pur avendone fatto parte, erano state all'epoca “risparmiate”
all'opinione pubblica, oppure le sfortunate stazioni automatiche avevano preso
una designazione differente, come nel caso delle sonde Kosmos, per salvare la faccia al programma spaziale sovietico.
In alcuni di questi casi i
vettori di lancio non erano riusciti a vincere la forza di gravità impedendo
così alle sonde di raggiungere lo spazio; in altri casi, il veicolo diretto
verso la Luna non aveva raggiunto la spinta necessaria e, attirato dalla
gravità terrestre, era bruciato in atmosfera.
Un nuovo primato sovietico
La capsula che il 3 febbraio 1966
si posò sulla superficie
lunare conteneva la strumentazione per i rilievi
fotografici da inviare sulla Terra.
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A tre giorni dal lancio di Luna 9, la sonda era riuscita a posarsi
sulla superficie lunare con una manovra di allunaggio morbido consegnando
all'Unione Sovietica, dopo qualche anno di insuccessi non dichiarati, un altro
grande trionfo nel programma di
esplorazione automatica della Luna e nella corsa allo spazio in generale.
Gli Stati Uniti, in effetti, non
avevano ancora raggiunto questo traguardo con i programmi della NASA, e la
missione di Luna 9 aveva costituito per
Washington una nuova pesante sconfitta nell'ottica della competizione tra le
due superpotenze nel settore spaziale.
Il 3 febbraio 1966 la sonda
sovietica si era posata con successo nella zona dell’Oceanus Procellarum
(Oceano delle Tempeste) trasmettendo a terra le prime immagini riprese
direttamente dalla superficie selenica.
Oltre allo straordinario
traguardo nell'aver ottenuto per la prima volta dei fotogrammi lunari a distanza ravvicinata, Mosca poteva vantarsi di aver
fatto sbarcare la prima stazione automatica in assoluto su un corpo celeste.
La missione aveva consentito agli
scienziati sovietici di svelare alcuni importanti misteri e dubbi in merito al
suolo lunare. Innanzitutto la realizzazione dell'allunaggio aveva determinato
che la superficie del corpo celeste era abbastanza solida da consentire agli
strumenti artificiali di posarsi senza alcun
danno. Fino a quel giorno si era infatti ipotizzato che il terreno sabbioso
del satellite naturale avrebbe potuto fare sprofondare i veicoli di allunaggio.
Queste allarmanti preoccupazioni
furono smentite dal successo della sonda che aveva dato una dimostrazione
tangibile che la Luna era costituita da una superficie abbastanza compatta per
compiere un allunaggio di un qualsiasi veicolo senza problemi. Luna 9 aveva quindi permesso di aprire
la strada ai successivi allunaggi di strumentazione e mezzi fino allo sbarco
umano degli astronauti americani nel luglio del 1969.
Luna 9 aveva inoltre consentito, con la strumentazione di bordo, di
ottenere dati più certi di quelli fino ad allora conosciuti sulla superficie
della Luna analizzando l'attività sismica, la temperatura, effettuando
spettrografie del suolo tramite raggi X e raggi gamma.
L'apparato fotografico, in grado
di effettuare riprese a 360 gradi, grazie a una fotocamera con sistema a
specchi, aveva infine consentito di svolgere brillantemente il principale
obiettivo della missione: ottenere e trasmettere sulla Terra le immagini dei
più minuti particolari della superficie.
L'attività di Luna 9
I primi fotogrammi ottenuti dalla
fotocamera di Luna 9.
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Luna 9, realizzata dall'ufficio di progettazione OKB-301
di Semjon Lavočkin, era una sonda di modello E-6M, leggermente
migliorata, alleggerita nel peso e costituita da molti più strumenti delle
precedenti sonde del Programma Luna.
Le sue caratteristiche tecniche
sofisticate avevano permesso la realizzazione di complicate ma necessarie
manovre per compiere l’allunaggio senza danneggiare la strumentazione di bordo
utile ad effettuare le riprese.
Durante l'avvicinamento alla
superficie lunare un retrorazzo principale aveva rallentato la discesa della
capsula mentre motori a razzo più piccoli avevano mantenuto l’assetto.
Il primo contatto con il suolo
era stato compiuto da un braccio meccanico che non appena aveva toccato la
superficie aveva comandato il rilascio della capsula vera e propria attrezzata
con air-bag.
Dopo aver rimbalzato a qualche
metro di distanza dal veicolo di atterraggio il sistema di air-bag aveva
generato una piccola esplosione per poter liberare la capsula ovoidale di 60 centimetri di diametro contenuta al suo
interno.
Una volta depositatasi indenne
sul suolo lunare la capsula si era raddrizzata da sola grazie alla zavorra
installata alla base, ed era da quel momento pronta per attivare le
strumentazioni.
Prima di effettuare le riprese
quattro petali metallici superiori che proteggevano gli apparecchi tecnici
ricoprendo la capsula si erano aperti offrendo al sistema di ripresa un
orizzonte che si estendeva per circa un chilometro e mezzo.
La telecamera a torretta a
scansione meccanica, contenuta nella capsula, aveva trasmesso per giorni
numerose immagini panoramiche a media
risoluzione della zona circostante il luogo di allunaggio.
Oltre ai fotogrammi lunari era
stata ottenuta anche una serie di dati sulle radiazioni.
Luna 9 era riuscita a inviare a terra una serie di 9 immagini (di
cui 5 panoramiche) della superficie attraverso il sistema radio per la
trasmissione. L'esaurimento della carica delle batterie, avvenuto il 6 febbraio
1966, aveva infine messo termine all'attività della sonda dopo tre giorni di
intenso lavoro.
Le immagini ottenute furono
infine assemblate sulla Terra per ottenere una panoramica completa della zona
di allunaggio.
L'intercettazione delle immagini
Grazie a Luna 9 per la prima volta nella storia uno strumento realizzato
dall'uomo aveva permesso di osservare la Luna a livello della sua superficie.
La regione fotografata nell'Oceanus Procellarum comprendeva l'area a
ovest dei crateri Marius e Reiner.
Un fatto curioso all'epoca della
missione di Luna 9 è stato costituito
dalla diffusione delle immagini da parte di alcuni media britannici prima che i sovietici pubblicassero i fotogrammi
ufficiali da loro stessi ottenuti.
Le fotografie dettagliate erano
attese con vigore da tutta la comunità scientifica internazionale che negli
anni Sessanta seguiva con interesse le fasi delle missioni automatiche
sovietiche sulla Luna.
Il segnale radio di trasmissione
dei fotogrammi che l'apparecchiatura radio di Luna 9 aveva diretto al centro di controllo dell’Unione Sovietica era
stato intercettato dall'osservatorio
inglese di Jodrell Bank proprio nei giorni in cui la stazione automatica
stava operando sul suolo lunare.
In quegli anni il celebre
osservatorio britannico monitorava costantemente i percorsi di tutti i
satelliti lanciati in orbita, compresi quelli sovietici.
Durante l'analisi del percorso di
Luna 9 gli operatori di Jodrell Bank
si erano resi conto che il formato di trasmissione delle fotografie era molto
simile a quello utilizzato dallo standard internazionale delle testate
giornalistiche per l'invio delle immagini.
Sfruttando questa convenienza
l'osservatorio era riuscito ad entrare in possesso delle preziose immagini
della superficie lunare addirittura prima che l'Unione Sovietica diffondesse la
versione ufficiale.
Così, nella serata del 4 febbraio
1966 il primo dei quattro fotogrammi catturati fu trasmesso sulla TV britannica
e la mattina successiva il quotidiano inglese “Daily Express” stampò in prima pagina l'immagine
della Luna “rubata” ai sovietici.
Bernard Lovell, il direttore
dell'osservatorio aveva definito “meravigliosi e terrificanti” i fotogrammi
ottenuti, stupendosi del fatto che gli scienziati sovietici avessero progredito
tanto nel campo dell'esplorazione spaziale.
Ci sono diverse versioni in
merito al motivo per cui Mosca si sarebbe fatta scappare l'opportunità di
divulgare per prima i suoi fotogrammi.
Secondo le prime ipotesi della BBC News, gli scienziati sovietici nel
progettare la sonda avevano previsto la possibilità che gli occidentali
entrassero in possesso dei fotogrammi di Luna
9 evitando così l'imbarazzo di dover chiedere le immagini direttamente a
Mosca.
Si pensa inoltre che gli
scienziati di Luna 9 volessero,
questa volta, evitare tutta il classico processo di propaganda trionfale tipica
di ogni successo delle loro missioni spaziali.
Nonostante queste convinzioni
poco chiare, il giorno dopo la pubblicazione delle fotografie da parte del “Daily Express” la situazione per poco
non precipitò in un incidente internazionale quando le autorità del Cremlino si
irritarono notevolmente nel constatare che le immagini della loro missione
spaziale erano passate in mano agli occidentali prima che la propaganda di
regime le avesse potute pubblicare.
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Fonti
Boschini Luca, Il
mistero dei cosmonauti perduti. Leggende, bugie e segreti della cosmonautica
sovietica, Padova:Cicap, 2013.
Braccesi Alessandro, Caprara Giovanni, Hack Margherita, Alla scoperta del sistema solare,
Milano: Arnoldo Mondadori, 2000.
Cavina Stefano, Apollo, la sfida della Luna, Serravalle:
AIEP, 2011.
Cecchini Gino, Il
cielo: luci e ombre nell’universo, Torino: Utet, 1969.
Dyer Alan, Missione
Luna, Milano: Touring, 2009.
Gatland Kenneth W., Esplorazione
dello spazio: tecnologia dell’astronautica, Novara: Istituto Geografico
DeAgostini, 1983.
Nitschelm Christian, Christine Ehm, Myriam Schleiss, Piccola enciclopedia della luna, Milano:
Rizzoli, 2003.
“Daily Express”, Saturday 6th February 1966, p. 1.
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