mercoledì 14 agosto 2013

Suchoj Su-15: l'ultimo intercettore puro


Su-15 con pilota e personale di terra.
Prodotto dell'ufficio tecnico Suchoj, il Su-15 è l'ultimo degli intercettori puri, il punto di arrivo di certe tendenze progettuali della Guerra Fredda. Denominato dalla NATO Flagon (fiasco, bottiglione, brocca), il Su-15 è un bimotore monoposto e supersonico progettato per fornire la difesa aerea sovietica di un intercettore ad alte prestazioni capace di impegnare i suoi bersagli con ogni condizione atmosferica.



L'origine del progetto: il prototipo T-58


Il governo di Chruščёv, intenzionato a ridurre le spese militari e orientato verso la produzione e l'uso dei missili, optò per una riduzione dei fondi a disposizione per lo studio e la fabbricazione di molte armi, inclusi bombardieri, caccia e cacciabombardieri. Non era così invece per gli intercettori, che con i loro missili aria-aria assicuravano la difesa della patria sovietica. In questo periodo di "missilizzazione" delle forze armate sovietiche - che tramonterà con la destituzione di Chruščёv- vede appunto la luce il progetto del Su-15.
Un Su-11 Fishpot a terra.
Il Su-11, derivato dal prototipo T-47, velivolo di transizione.
Questa foto mostra con chiarezza i caratteri diffusi fra i caccia
sovietici degli anni '50: fusoliera tubolare e presa d'aria
frontale con cono diffusore. Nel cono diffusore era alloggiato
il radar. Il Su-15 costituirà un notevole balzo in avanti
rispetto alla configurazione del Su-11 e Su-9.

Alla fine degli anni '50 era diventato evidente che i nuovi bombardieri occidentali costituivano dei bersagli assai ostici. L'OKB Suchoj, conscio delle limitazioni del suo Su-9, che era in servizio in grande numero nei reparti della difesa aerea, lavorava da tempo a nuove soluzioni. Fra queste i prototipi T-49 (un Su-9 largamente modificato), T-5 e T-47. Quest'ultimo verrà prodotto come Su-11. 

Il Su-15 è invece il derivato di un prototipo più moderno e ambizioso, il T-58. Dei predecessori manteneva i piani di coda, lo stabilizzatore e l'ala a delta. Ma rispetto ai predecessori presentava una fusoliera anteriore del tutto diversa. Le prese d'aria laterali in sostituzione di quella frontale lasciavano spazio al grande radome conico che doveva alloggiare un radar da intercettazione più potente.

La produzione del prototipo T-58 subì notevoli ritardi a causa degli attriti fra Pavel Suchoj e Aleksandr Jakovlev, un altro famoso progettista. Entrambi volevano il controllo sulle catene di montaggio dell'industria aeronautica di Novosibirsk, e questo non faceva che esacerbare i rapporti i rapporti fra i due uffici tecnici.

Il primo prototipo fece il volo di prova solo il 30 di maggio del 1962, dimostrando qualità eccezionali. L'anno dopo anche il secondo prototipo, completo di radar Oryol e missili R-8, fu provato in volo. A questo punto solo grazie alla sua influenza politica Jakovlev poté ritardarne la produzione. Il nuovo intercettore di Suchoj era nettamente superiore a quello di Jakovlev, lo Jak-28P, la cui produzione occupava appunto le industrie di Novosibirsk. Nel 1966 le catene di montaggio cominciarono a fabbricare il nuovo caccia di Suchoj, che ricevette la denominazione di Su-15. La produzione dell'intercettore di Jakovlev cessava. Suchoj si era preso la sua rivincita su Jakovlev, che aveva definito il Su-11 niente altro che spazzatura.



Le varianti del Su-15


Il nuovo intercettore ad alte prestazioni entrò in servizio con i reparti da caccia della difesa aerea sovietica nel 1967 e vi rimase fino alla caduta dell'URSS. Come altri intercettori puri, che non servivano presso i reparti dell'aviazione tattica, non fu mai esportato in altri paesi.

Il Flagon fu prodotto in tre versioni principali, alle quali vanno aggiunte le varianti biposto da addestramento e i modelli sperimentali che qui ometto, perché sono veramente tantissimi. Magari se ne fa un post apposito.
Un Su-15 Flagon-A, prima versione.
Un Su-15 della prima versione prodotta Si possono
 osservare le sue caratteristiche più
peculiari: ala a delta, attacchi per due sole armi, e
il radome conico per il radar Oryol.

  • Flagon-A, prima versione ad arrivare ai reparti. Era un bell'aereo con ali a delta e piani di coda, agganci per i due missili R-8 (AA-3 Anab per la NATO) e un peculiare radome conico che racchiudeva il radar Oryol. In sostanza l'elettronica e l'armamento erano quelli del predecessore Su-11 Fishpot, ma montati su un aereo dalle prestazioni più elevate.
Su-15TM con l'ala modificata e l'armamento incrementato.
Il Su-15TM con l'estensione delle estremità alari.

  • Flagon-D. Dal 1969 in poi tutti i Su-15 prodotti montano una nuova ala. Il delta viene modificato con un'estensione delle estremità alari.

  • Flagon-F, Su-15 TM, ultima versione di serie prodotta a partire dal 1971. Per forza di cose - il progetto non ebbe ulteriori sviluppi operativi - il Su-15TM può considerarsi il punto di arrivo nel miglioramento del disegno iniziale. Contiene tutte le migliorie già aggiunte alle versioni precedenti, più una nuova avionica e altri accorgimenti aerodinamici.
Il radar venne sostituito con il più capace Taifun-M, detto Twin Scan dalla NATO, basato sul progetto del radar Smerč del MiG-25. La presenza del nuovo radar rese necessario ridisegnare il radome, che da conico divenne ogivale, e migliorava l'emissione del radar stesso.

Un Su-15TM mostra l'armamento missilistico completo.
L'armamento missilistico completo: R-8 e R-60.
Anche l'armamento venne aggiornato e potenziato. Alle versioni più moderne dei missili Anab si aggiunsero due attacchi ulteriori per i missili a corto raggio R-60 (AA-8 Aphid). I due attacchi ventrali, usati di solito per i serbatoi esterni da 600 litri, vennero adattati anche per portare le gondole con i cannoni a tiro rapido GŠ-23L e riserva di 250 colpi.

Un Su-15TM armato di gondole con cannoni da 23 millimetri.
Un Su-15TM armato di gondole per i cannoni da 23
millimetri GSh-23L.
Possiedo un libro stampato nel 1991 dall'Istituto Geografico DeAgostini, Aerei da intercettazione, che denomina questa variante Su-21. In Occidente si è a lungo sospettato che questo modello fosse chiamato Su-21, forse a causa delle numerose modifiche che ormai si erano accumulate. Nelle denominazioni sovietiche però è sempre stato Su-15.

Anzi, era più facile in URSS che un velivolo modificato così tanto da essere di fatto un altro aereo mantenesse la denominazione di quello vecchio, con il quale non aveva quasi più niente a che spartire. Questo trucchetto infatti poteva servire sia a sveltire le procedure burocratiche, sia a tenere nascoste le reali prestazioni dell'aereo. Un caso tipico è quello del bombardiere dell'ufficio Tupolev noto alla NATO come Backfire: entrò in servizio come Tu-22M, sebbene con il Tu-22 Blinder non avesse in comune che pochi elementi e gli fosse nettamente superiore.



Il Su-15 in azione


Il Su-15, come gli intercettori progettati da Suchoj che lo hanno preceduto, volò esclusivamente con i reparti da caccia della difesa aerea. Non venne esportato all'estero, né fornito alle aviazioni del Patto di Varsavia.

Sul web si trova qualche scarno accenno alla presenza di una squadra di Su-15 in Egitto nel 1972, schierata a difesa della capitale. I Sovietici sarebbero stati preoccupati per la tenuta del loro alleato messo alle strette da Israele. I velivoli non avrebbero partecipato ad alcuno scontro. Anche la wikipedia inglese parla di questi Flagon in trasferta egiziana, ma dedica alla questione giusto una mezza riga, senza nota riguardo alle fonti.

Non sarebbe la prima volta che si sente parlare di reparti della difesa aerea sovietica mandati in missione all'estero. Sempre in Egitto, durante il precedente periodo di ostilità noto come Guerra d'Attrito, era presente un reggimento su MiG-21MF che operava nel quadro di un più generale rapporto di assistenza alle forze egiziane denominato Operazione Kavkaz.

Quanto alla storia dei Su-15 non ho trovato altre informazioni in rete o nei libri in mio possesso. Chi ne parla non scrive da quale reggimento siano stati distaccati, né dove fossero basati, né fornisce alcun particolare. Vista la scarsità di informazioni è quanto meno comprensibile chi prende tali affermazioni con il beneficio del dubbio. 

Sono dubbioso anche io. A parte l'estrema scarsità di informazioni, a rendermi dubbioso sono due considerazioni.
  • La prima è che nessuno degli intercettori puri ha mai servito al di fuori dei confini nazionali sovietici: i reparti della difesa aerea che parteciparono alle missioni all'estero - come i cacciatori di Kubinka che andarono a Cuba per proteggere le rampe dei missili - volavano su aerei che erano in dotazione anche all'aviazione tattica e che quindi venivano esportati. I Su-15 non erano in servizio con l'aviazione e non venivano esportati. Non sarebbe stato molto prudente mandarli all'estero e per di più in una zona calda come quella mediorientale.
  • La seconda considerazione riguarda l'opportunità di dispiegare i Flagon in Egitto. Non mi pare che la presenza di una squadra di Su-15 potesse influire sulla bilancia della superiorità aerea nell'area. Il Su-15, come tutti gli intercettori puri, non era di certo l'aereo adatto a quel teatro di guerra. Penso al contrario che un velivolo di questo genere non vi avrebbe ottenuto alcun successo e si sarebbe trovato facilmente in grossi guai. Per iniziare gli sarebbero mancati i bersagli: Israele non aveva bombardieri strategici. E in più avrebbe corso il rischio di fare brutti incontri: e quando il brutto incontro è la caccia israeliana la situazione è più che pericolosa. Insomma, il Flagon in Egitto sarebbe stato fuori dal suo ambiente naturale.
In patria invece il Su-15 è stato largamente impiegato nei compiti di intercettazione e difesa dello spazio aereo. Non sempre, è il caso di dirlo, con buoni risultati, specie quando si è trovato a dover dare la caccia a bersagli che non gli competevano, come i caccia da ricognizione F-100 Super Sabre.



Un macabro momento di gloria


Il Su-15 rimarrà tristemente famoso per due incidenti internazionali, uno dei quali gravissimo per numero di vittime.

Il primo incidente avvenne il 20 di aprile del 1978. Un Boeing 707 delle Korean Air Lines, Volo 902, decollato da Parigi e diretto a Seoul, per un errore di programmazione del pilota automatico prese una rotta diversa da quella prevista e violò lo spazio aereo sovietico sulla penisola di Kola. Un Su-15, al comando del pilota Aleksandr Bosov, venne fatto decollare per intercettare l'intruso. Bosov, dopo un primo errore, riportò al comando di terra che l'aereo doveva essere civile: aveva delle "scritte in cinese" lungo la fusoliera.

Ma gli si ordinò ugualmente di aprire il fuoco. Un missile R-60 lanciato dall'intercettore staccò un'estremità alare al Boeing, danneggiò uno dei quattro motori e causò una decompressione della fusoliera. Così danneggiato l'aereo non avrebbe fatto molta strada e il comandante optò saggiamente per un atterraggio d'emergenza: scese sul lago ghiacciato di Korpijarvi, dove lui, i passeggeri e l'equipaggio vennero poi recuperati della autorità sovietiche. Per fortuna nessuno si era fatto male.

Al volo 007, un Boeing 747 sempre delle Korean Air Lines, non andò altrettanto liscia. Il Boeing partì da Anchorage, Alaska, diretto a Seoul, il 1 di settembre del 1983. Anche in questo caso per una serie di errori nella programmazione del pilota automatico l'aereo si trovò a violare lo spazio aereo sovietico. Ma lo violò in una zona molto sensibile, Sachalin e la Kamčatka. Lo fece in un momento di tensione accesa e venne dato ordine di sparare mentre l'ignaro aereo di linea usciva dallo spazio aereo sovietico, sul mare di Ochotsk.

L'intruso venne intercettato dal Su-15 del maggiore Gennadi Osipovič. Fu lui, su ordine diretto del comandante della base di Dolinsk-Sokol, Anatolij Kornukov, ad agganciare il bersaglio sul radar e lanciargli contro i due missili R-8. Il Boeing cadde in mare dopo una picchiata durata oltre 20 minuti. A bordo c'erano 23 membri dell'equipaggio e 246 passeggeri, nessuno dei quali si salvò. Anatolij Kornukov è stato comandante in capo dell'aeronautica militare della Federazione Russa dal 1998 al 2002; è oggi consulente delle forze russe per quanto riguarda la difesa aerea missilistica.



Il Su-15, relitto di altri tempi


Un pilota siede nella carlinga del suo Su-15, attorniato da tecnici.
All'inizio degli anni '80 i Flagon erano ancora in servizio in un notevole numero di esemplari presso i reggimenti della difesa aerea, ma il numero andava via via assottigliandosi. Progettati per operare ad alta quota, la loro utilità diminuiva rapidamente con il mutare delle tendenze operative della NATO. I nuovi incursori avrebbero forzato lo spazio aereo sovietico volando a bassa quota, dove le armi e i radar dei Flagon erano inefficaci.

Il comando della difesa aerea gli preferiva il Mikojan-Gurevič MiG-23 a geometria variabile. Progettato come caccia tattico oltre che come intercettore, più versatile e moderno, il MiG-23MLD che in quel periodo si diffondeva ai reparti era un velivolo relativamente agile per la sua età. In più il suo radar Sapfer-23 aveva le capacità di ricerca e tiro verso il basso che i nuovi scenari di guerra rendevano essenziali. Capacità che il potente ma antiquato radar del Flagon non possedeva.

Il Su-15 fu l'ultimo degli intercettori puri. Prodotto della guerra fredda, gli intercettori erano aerei progettati per un unico scopo bellico: abbattere i bombardieri e i ricognitori dell'avversario. Gli intercettori puri non erano capaci di fare altro. Sprovvisti di agganci e sistemi di puntamento adeguati, non potevano essere usati per l'attacco al suolo. Poco agili, non potevano competere con i caccia in combattimento manovrato. Il loro compito era prendere quota in fretta, accelerare fino ad alte velocità, portarsi nella posizione ideale per il tiro ed eliminare l'intruso con i missili. Per ottenere questo risultato vennero progettati aerei dalle prestazioni ancora oggi eccezionali, ma oramai del tutto inutili. Finita la Guerra fredda gli intercettori sono stati relegati ad antiquariato tecnologico, lascito di un'epoca in cui l'imperativo di ogni progettista di bombardieri si riassumeva in "più in alto, più veloce, più lontano".


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Dettagli tecnici. Suchoj Su-15TM, Flagon-F per la NATO



Dimensioni
Su-15TM Flagon-G, schema tecnico.
  • equipaggio: 1
  • lunghezza: 21,41 m
  • altezza: 5 m
  • apertura alare: 9,34 m
  • superficie alare: 36,6 mq
  • peso a vuoto: 12.245 kg
  • peso massimo al decollo: 18.145 kg

Apparato motore
  • 2 turbogetti Tumanskij R-13-300 da 4.100 kg di spinta (7.138 con postbruciatore)

Prestazioni
  • velocità massima: ad alta quota Mach 2,5 in configurazione pulita, Mach 2,1 (2.230 km/h) con 2 missili.
  • quota operativa: 18.500 m
  • velocità di salita: 228 m/s
  • autonomia: 1.380 km

Armamento
  • cannone fisso: nessuno
  • 4 attacchi alari: 2 R-98M (Advanced Anab) sugli attacchi esterni e 2/4 R-60 (Aphid) sugli attacchi interni.
  • 2 attacchi ventrali: 2 gondole UPK-23-250 con cannoni a doppia canna GSh-23L, o 2 serbatoi da 600 litri ciascuno.

Radar
  • Taifun-M, Twin Scan per la NATO

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Per chiudere, come sempre, qualche consiglio per chi ha un po' di tempo ed è interessato a questo intercettore in pensione. Chi vuol vedere come appaiono oggi i Su-15 ancora esistenti ed esposti in musei e parchi a tema dei paesi dell'ex URSS non può perdersi la galleria fotografica di Ken Duffey. Ci sono moltissime foto e l'aereo viene mostrato fino nei minimi dettagli.

Qui sotto un filmato di grande qualità. Dura 5 minuti. La voce fuori campo - in inglese - descrive sinteticamente il Su-15 e le procedure della difesa aerea sovietica. Sul Tubo trovate lo stesso documentario anche in russo. Inoltre potete integrarlo con un altro video che mostra i Flagon in volo, della durata di 3 minuti e 41 secondi, dove viene mostrato qualche particolare in più riguardo al cruscotto.

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