Aleksej Leonov fu il primo uomo a fluttuare nello spazio fuori da una capsula. Lanciato il 18 di marzo del 1965 sulla Voschod 2 insieme a Pavel Beljaev, Leonov si aggiudicò il record battendo di misura l'americano Edward White, che compì la prima attività extraveicolare (EVA) della NASA il 3 di giugno dello stesso anno.
La missione di Leonov e Beljaev fu un successo: un altro grande record per il programma spaziale sovietico. Ma poco mancò perché il lancio si trasformasse in una tragedia: Aleksej Leonov rischiò seriamente di diventare il primo cosmonauta perduto. E Beljaev rischiò di fargli compagnia, volente o nolente.
Un progetto riciclato: la capsula Voschod
Correva l'anno 1963 quando il primo ministro Chruščёv chiese ai suoi ingegneri qualcosa da opporre al nuovo programma della NASA, la capsula biposto Gemini. Le Vostok sovietiche, che avevano fin lì procurato un primato dopo l'altro all'URSS, erano delle capsule monoposto. Il progetto delle più avanzate capsule Sojuz era ancora in alto mare. Per umiliare una volta di più gli Americani serviva una capsula multiposto, e serviva subito.
La tuta Berkut usata nella passeggiata spaziale della missione Voškod 2. |
L'ingegnere capo Korolëv riuscì anche in quell'occasione a fare il miracolo, che venne chiamato Voschod (Alba). Modificò la capsula Vostok in modo da ridurne il peso, così che la si potesse lanciare con più cosmonauti a bordo. Invece del seggiolino eiettabile fece progettare dei nuovi seggiolini ammortizzati e un sistema di razzi frenanti. In questo modo dove stava un cosmonauta potevano entrarne tre, e la capsula atterrava dolcemente a terra frenata dai retrorazzi e da due paracadute.
Il progetto funzionava. La prima Voschod tornò dall'orbita senza problemi, riportando a casa i suoi tre cosmonauti. La Voschod 2 e la passeggiata spaziale potevano considerarsi sulla rampa di lancio. La chiusa d'aria gonfiabile avrebbe permesso al cosmonauta di uscire dalla capsula senza doverla depressurizzare. Il cosmonauta avrebbe indossato una nuova e speciale tuta, denominata Berkut (aquila reale) per nuotare nello spazio. Un nuovo record e una nuova sconfitta americana erano all'orizzonte?
Una passeggiata senza precedenti
Alle sette del mattino del 18 di aprile del 1965 il vettore della Voschod 2 si staccava dalla rampa di lancio di Tjuratam, località oggi nota come Bajkonur, e piazzava la capsula nell'orbita prevista.
Quello stesso giorno Aleksej Leonov compì la prima attività extraveicolare della storia. Nome altisonante per un'attività che non si offende se la chiamiamo passeggiata spaziale. Doveva stare fuori dalla capsula per una decina di minuti, muoversi un po' e farsi riprendere dalle telecamere e dalle fotocamere appositamente sistemate per immortalare il nuovo e spettacolare record sovietico nella corsa allo spazio.
Al rientro iniziarono i problemi. La tuta di Leonov si era gonfiata a causa della mancanza di contropressione. Il cosmonauta non riusciva nemmeno a chiudere le mani. In più - e questo era il peggio - la tuta così gonfiata proprio non ne voleva sapere di rientrare dal boccaporto della chiusa d'aria.
Ogni sforzo si rivelava inutile, solo energie sprecate. A rendere più tragica la situazione era il fatto che nessuno poteva aiutarlo: né il personale di terra, né il suo compagno Beljaev dalla capsula potevano fare qualcosa per lui. Leonov era completamente solo e lottava contro un malfunzionamento della sua tuta, difetto che rischiava di fare di lui il primo cosmonauta a morire in missione. Primato che Leonov non era intenzionato ad acquisire.
Dopo dieci minuti di tentativi andati a vuoto Leonov era esausto, ma l'ostacolo pareva insormontabile. Ma tra morte certa e morte probabile non c'è paragone e il cosmonauta tentò un'ultima e disperata soluzione. Cominciò a depressurizzare gradualmente la tuta. Un vero e proprio scambio con la tuta: respirare meno aria per renderla "più magra". Il tentativo andò a buon fine e dopo essere rimasto nello spazio per un tempo doppio rispetto a quello previsto Aleksej Leonov rientrò nella capsula.
Le disgrazie non vengono mai sole
Leonov tornò dalla passeggiata spaziale, si era salvato per un pelo e aveva sfiorato l'embolia. E ora alla via così lungo le orbite previste e poi a casa. Invece no, un altro guasto era in trepidante attesa. Gli strumenti segnalarono che la pressione nei serbatoi era crollata da 75 a 25 atmosfere, quindi la scorta d'aria era inferiore a quanto calcolato. Il centro di controllo decise di farli tornare in anticipo, concludendo la diciassettesima orbita intorno al pianeta.
E lì, per non smentire il più lugubre tra i proverbi, anche il sistema di guida automatico si guastò: non era in grado di orientare correttamente la capsula, e questo malfunzionamento impediva l'accensione del motore di frenata. Non rimaneva altra possibilità che ordinare ai due cosmonauti di effettuare manualmente l'orientamento della capsula, con la strumentazione di bordo.
Chissà, forse i nostri eroi non ne furono molto sorpresi. Eseguirono con fatica la manovra - anche il motore di discesa faceva le bizze e si dovette ricorrere a quello di riserva - e la capsula rientrò nell'atmosfera. Non si può dire che rientrò senza problemi. Il modulo di servizio (equipment module nello schema che si può vedere sopra) non si sganciò al momento prestabilito e fece ballare alquanto la capsula. L'attrito con l'atmosfera bruciò i collegamenti ribelli e distaccò il modulo di servizio, ma ormai la traiettoria di discesa era cambiata... I piloti aprirono il portello e scoprirono di essere capitati in mezzo a una foresta, non nella pianeggiante steppa del Kazakistan settentrionale. Non avevano delle stime precise ma capirono subito di non essere caduti dove previsto. Avevano mancato l'area di atterraggio di circa 370 chilometri. Si trovavano nella taiga del distretto di Perm, dove nel mese di marzo fa ancora molto freddo.
Il pilota dell'elicottero mandato a recuperarli riportò che stavano costruendo un accampamento. Uno tagliava la legna e l'altro accendeva il fuoco. Leonov e Beljaev, campeggiatori per niente improvvisati, vennero riforniti di cibo e indumenti caldi, e passarono la notte lì, vicino alla capsula. Gli alberi impedivano l'atterraggio degli elicotteri, non si poteva fare diversamente. L'indomani arrivò a piedi una spedizione di soccorso, che si accampò insieme a loro e il giorno successivo li accompagnò verso la radura più vicina, dove finalmente vennero recuperati e riportati a Tjuratam.
Un volo a regola d'arte
Leonov e Beljaev sfoderano i loro sorrisi per la stampa? |
Mi ha stupito un po' leggere queste affermazioni, considerando che il programma spaziale sovietico non ha mai fatto cenno alle proprie difficoltà. Ha sempre celebrato con sfarzo i suoi successi e sepolto con tutti gli onori i caduti in missione - gli equipaggi delle Sojuz 1 e 11 - ma parlare di avarie e problemi, quello mai. Questa era la regola, il programma spaziale non conosceva fallimenti: ognuno si regolasse di conseguenza.
Ad ogni modo la conferenza stampa di Beljaev e Leonov fu di tipico stile sovietico, una celebrazione della tecnologia, del partito e del popolo dell'URSS. Ai cosmonauti fu permesso un unico accenno ai problemi del sistema che controllava l'assetto della capsula. I due sostennero di aver ricevuto con gioia la trasmissione che da terra li informava dello scompenso degli strumenti automatici, lieve avaria che dava loro modo di orientare la capsula manualmente.
Poi Leonov, omettendo l'infernale incidente con la tuta, descrisse le sensazioni e le forti emozioni provate durante la passeggiata spaziale. Tra le altre cose disse che, anche per chi aveva familiarità con il cavalletto e i pennelli, era difficile immaginare lo spettacolo che si vedeva da lassù.
Il riferimento agli attrezzi da pittura non era casuale. Leonov è anche pittore. Ecco qui di fianco un suo quadro dipinto in collaborazione con Sokolov, Oceanus procellarum. L'Oceano delle tempeste è la località lunare dove si posò la sonda sovietica Luna 9, primo oggetto costruito dall'uomo a fare un atterraggio morbido sulla superficie di un altro corpo celeste. Un futuro cosmonauta osserva il relitto della sonda ormai spenta, antiquariato dell'esplorazione spaziale.
I cosmonauti sovietici non metteranno mai piede sulla Luna. Il programma lunare N1-L3 fallirà i quattro lanci di prova del suo vettore e verrà abbandonato. Se il vettore avesse funzionato, se il programma fosse andato avanti, e tanti altri se, allora Leonov sarebbe stato anche il primo cosmonauta a camminare nella bassa gravità lunare. Era stato il primo a fare una passeggiata spaziale e poteva con ragione considerarsi il più esperto nel suo campo.
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Vi lascio con qualche filmato riguardante l'impresa di Lenov e Beljaev. Il primo è un documentario di 30 minuti sulla missione Voschod 2. Il narratore parla un inglese chiarissimo. Dal testo si direbbe che traduca letteralmente la voce fuori campo di un documentario sovietico. La durata di mezz'ora lo limita a chi avesse tempo. Chi va di fretta può invece guardare questo altro filmato, 1 minuto e 40 secondi, comprensivi di passeggiata spaziale.
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