Gli aerei con propulsione a razzo beneficiarono in Unione Sovietica di un'attenzione che risaliva addirittura all'inizio degli anni '30. Ancora durante e dopo la Seconda guerra mondiale si progettarono, costruirono e collaudarono degli aerei a razzo, in particolare per il ruolo di intercettori per la difesa di punto. Finito il conflitto furono i turbogetti a guadagnarsi il favore dei militari; agli aerei con i motori a razzo si aprivano però obiettivi nuovi e tecnologicamente ambiziosi nel campo dell'esplorazione spaziale.
C'è un nuovo progettista in città: Čelomej sulla scena della missilistica
In Unione Sovietica, sul finire della guerra, i vertici politici e militari valutavano le prospettive future per l'impiego del ricco bottino tecnologico che andava raccogliendosi nella Germania occupata. La maggior parte dei progettisti tedeschi di spicco si era consegnata agli Americani, ma l'URSS aveva messo le mani su non poca della tecnologia più avanzata fra quella prodotta dal Terzo Reich.
Uno degli ingegneri coinvolti nello studio delle nuove tecnologie era Vladimir Nikolaevič Čelomej, direttore dell'OKB-51. Il suo primo incarico fu quello di riprodurre la bomba volante Fi 103, nota come V1. Ma presto l'ufficio chiuse i battenti, perdendo le commesse a favore di altre organizzazioni. Quando Čelomej tornò al lavoro sui razzi, come direttore dell'OKB-52, riprese a occuparsi di missili da crociera ma estese i suoi interessi ad altri ambiti. Ed estese anche l'ufficio e le sue catene di montaggio, assorbendo stabilimenti e personale di altri uffici tecnici, come quelli di Mjasiščev e di Lavočkin. Dai progetti ereditati, uniti al successivo impegno nel settore dei missili balistici, nacquero gli "aerei spaziali" di Čelomej, così come altri ambiziosi progetti per la corsa allo spazio, progetti che lo mettevano in concorrenza con l'OKB-1 di Korolёv, che in quel momento guidava gli sforzi sovietici nel cosmo.
Čelomej, che aveva fra i suoi collaboratori più stretti il figlio del primo ministro Chruščёv, si fece rapidamente largo e presentò i suoi piani presso le alte sfere. Korolёv, a denti stretti, accettò di dividere i compiti - e i finanziamenti - con quel talentuoso nuovo arrivato.
La Terra, Marte e Venere: Raketoplani e Kosmoplani
Nel 1960 il governo formalizzò e definì la ripartizione. All'OKB-52 spettavano i progetti sui veicoli spaziali alati, con i quali compiere operazioni nell'orbita della Terra e missioni di esplorazione verso Marte e Venere.
l mezzi più ambiziosi, concepiti per le traversate interplanetarie, denominati Kosmoplani, non andarono oltre l'elaborazione teorica. Nonostante il contributo di importanti istituzioni di ricerca, la fattibilità del progetto era legata a doppio filo alla possibilità di usufruire di una produzione sicura e affidabile di energia da parte di reattori nucleari. Tecnologia, quella dei motori a razzo nucleari, che ancora oggi è da considerarsi troppo acerba.
I progetti degli aerei spaziali da usare nell'orbita terrestre, i Raketoplani, proseguirono invece piuttosto speditamente, e con essi procedevano i progetti dei missili balistici: vettori per armi nucleari da passare alle Forze missilistiche strategiche e nel contempo futuri vettori per gli aerei spaziali. Come sempre Čelomej si premuniva di trovare un utile militare ai suoi mezzi, così da assicurarsi un atteggiamento amichevole, o quanto meno neutrale, dei generali e della burocrazia della difesa.
Il Raketoplano sarebbe stato un'astronave capace di svolgere numerose missioni nell'orbita bassa della Terra: ricognizione, ispezione di materiali, intercettazione e distruzione di satelliti; più avanti avrebbe potuto fare anche viaggi in direzione della Luna. A missione compiuta sarebbe rientrato nell'atmosfera e avrebbe compiuto un atterraggio su piste localizzate in territorio sovietico. La configurazione generale prevedeva di coprire il Raketoplano con un guscio, costituente lo scudo termico, munito di freni aerodinamici e deviatori di flusso per rallentare e guidare la discesa nella fase più veloce (e più calda). Conclusa quella fase, lo scudo si sarebbe sganciato, il Raketoplano avrebbe dispiegato le ali e continuato la discesa fino all'atterraggio.
Due versioni di prova furono collaudate, la MP-1 (27 di dicembre del 1961) e la MP-12 (21 marzo del 1963), versioni in scala che furono lanciate in traiettoria suborbitale dal poligono di Vladimirovka, vicino a Kapustin Jar.
Ridimensionare l'ufficio: Čelomej messo in sordina
Vladimir Čelomej e le sue decorazioni. |
Una commissione d'indagine passò al setaccio gli uffici e gli impianti dell'OKB-52. Gli intenti erano platealmente punitivi. Come risultato l'OKB-52 perse alcune catene produttive e vide la chiusura di alcuni progetti. Tra i progetti fermati vi erano, praticamente in blocco, quelli degli spazioplani. Si salvò solo il programma circumlunare LK-1, che non era uno spazioplano ma traeva i suoi finanziamenti dal fondo stanziato per gli aerei a razzo: Čelomej, che sgomitava per ritagliarsi un pezzo della torta lunare, aveva deviato certi fondi verso una capsula tradizionale.
Ad ogni modo anche il progetto LK-1 era destinato a una vita breve: l'OKB-1 assorbì fra i suoi programmi anche quello circumlunare e la capsula LK-1 fu abbandonata in favore della 7K-L1 Zond, una versione alleggerita della Sojuz dell'OKB-1.
Quanto agli altri progetti, questi furono trasferiti all'ufficio tecnico Mikojan-Gurevič, nuovo incaricato del lavoro sugli aerei spaziali. I progetti andarono avanti in quell'ufficio per tutta la durata degli anni '70.
Il colpo di coda: LKS, un concorrente per il Buran di Gluško
Il panorama del programma spaziale sovietico mutò radicalmente a causa del fallimento della missione di allunaggio N1-L3 dello TsKBEM (il vecchio OKB-1 dell'ormai defunto Korolёv) nei primi anni '70. L'allora ingegnere capo Mišin fu silurato e sostituito da Valentin Gluško, progettista capo dei motori a razzo presso l'organizzazione ĖnergoMaš e oppositore del programma N1-L3.
Gluško consolidò la sua supremazia fondendo l'ĖnergoMaš con lo TsKBEM: questo gli dava il controllo della maggiore industria aerospaziale dell'Unione, la nuova NPO Ėnergija. I suoi appoggi al Cremlino erano forti e i concorrenti dovettero piegare la testa. Čelomej, condannato a tornare sui missili da crociera, decise però di non abbandonare subito e del tutto il campo di battaglia e rimase in attesa dell'occasione propizia per ripresentarsi sulla scena.
L'occasione arrivò presto. Nel 1975 Gluško diede il via ai lavori su una navetta riutilizzabile, uno Space Shuttle sovietico, che poi si concretizzò nel Buran, destinato a un solo lancio di prova, il 15 di novembre del 1988. Čelomej, forte dei molti anni di studi e collaudi sui veicoli spaziali alati, si fece avanti e offrì a Gluško la proprio collaborazione. Ma la differenza di vedute era troppo ampia. Lavorare insieme - fu chiaro a tutti - non aveva senso.
Come già in altre occasioni, Čelomej scelse di proseguire autonomamente. I progettisti del Mašinostroenja (questo il nuovo nome dell'ufficio tecnico di Čelomej) sfruttarono a fondo tutti i materiali già fabbricati, le soluzioni valutate, i progetti approvati. Il risultato fu la LKS, una navicella leggera, capace di ospitare due cosmonauti per una missione di dieci giorni. Qui di seguito alcune caratteristiche interessanti della navetta.
- I sistemi di guida e controllo, i sistemi di supporto vitale e l'apparato motore erano quelli sviluppati per la stazione Almaz e la capsula TKS nel decennio precedente.
- I collaudi dei sepolti Raketoplani aiutarono a determinare le caratteristiche aerodinamiche ottimali: la LKS risultò un elegante veicolo con l'ala a doppio delta e il carrello a triciclo anteriore.
- Lo scudo termico in resina fenolica, particolarmente innovativo, poteva sopportare cento rientri dall'orbita bassa; inoltre era più leggero, semplice e affidabile degli scudi a piastrelle di ceramica montati sullo Space Shuttle della NASA e sul Buran di Gluško.
- Un altro punto di forza del veicolo era il vettore: per inserire in orbita gli LKS era sufficiente il rodato e affidabile UR-500 Proton, sempre progetto dell'ufficio tecnico di Čelomej.
La valutazione dell'LKS e un misterioso incidente
All'inizio degli anni '80 tutto era pronto. Nelle fabbriche di Čelomej troneggiava addirittura uno splendido simulacro dell'LKS in grandezza naturale. Mancava solo l'autorizzazione per iniziare la produzione e i collaudi dei prototipi.
Nel settembre del 1983 si riunì la commissione valutativa. La sentenza, inappellabile, diceva che dell'LKS non c'era alcuna necessità; i lavori dovevano fermarsi e Čelomej poteva riportarsi a casa i progetti. E, se possibile, doveva smetterla d'impicciarsi degli affari altrui. Il Buran aveva vinto; Čelomej vedeva riconfermata, per l'ultima volta, la sua fama di eterno secondo del programma spaziale.
Vladimir Čelomej morì un anno dopo, nel dicembre del 1984. Non fece in tempo a vedere la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Non ebbe modo di vedere nemmeno uno strano fatto, accaduto all'inizio di marzo del 1991, sul quale molto si è favoleggiato. Delle persone mai identificate forzarono uno stabilimento del Mašinostroenja e fecero a brandelli il simulacro dell'LKS. Come spesso capita per i misteri sovietici rimasti insoluti, qualcuno sospetta un sabotaggio da parte del KGB. Ma sono illazioni prive di fondamento. L'unica cosa certa è che dell'LKS, l'ultimo aereo spaziale di Čelomej, rimangono solo i disegni su carta millimetrata.
Questa volta vi propongo un approfondimento in lingua italiana, ma sopratutto corredato di bellissime illustrazioni, presente sul Forum Astronautico: Il Buran che non fu.
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Questa volta vi propongo un approfondimento in lingua italiana, ma sopratutto corredato di bellissime illustrazioni, presente sul Forum Astronautico: Il Buran che non fu.
Bellissimo, sempre interessanti i vostri articoli...
RispondiEliminaVi ringraziamo!
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