mercoledì 18 settembre 2013

Cosmonauti perduti: i lanci suborbitali


Schizzi per capsule suborbitali mai progettate dall'OKB-1. Fonte: Asif A. Siddiqi, Challange to Apollo, NASA.
Almeno quattro cosmonauti sovietici morirono duranti falliti lanci suborbitali tra il 1958 e il 1959. Questi i loro nomi: Aleksey Ledovsky, Serenti (o Sergey) Shiborin, Andrei Mitkov, Maria Gromova.


Questo per lo meno è ciò che dice la leggenda dei cosmonauti perduti: era l'alba dell'era spaziale, a malapena si riusciva a mettere in orbita qualche satellite e a mandare le sonde a schiantarsi sulla Luna, ma i Sovietici si impegnavano in una serie di lanci con piloti a bordo. Ciò che si raccontava a volte era credibile, a volte denotava spericolatezza, a volte era pura follia.

L'obiettivo era di agguantare il grande record del primo uomo lanciato nello spazio. I lanci fallirono e non vennero rivelati al pubblico. Dietro la suggestiva leggenda del regime sovietico che manda a morire i suoi cosmonauti pur di vantare un record cosa c'è di vero?



Come nacque la leggenda


Quattro cosmonauti morti nel tentativo di tentativo di guadagnare all'URSS un nuovo primato nella corsa allo spazio. Da dove vengono i loro nomi? Scoprirlo è facile e questa volta c'entriamo noi. Nel dicembre del 1959 un'agenzia stampa italiana, l'Agenzia Continentale, affermò che quattro cosmonauti sovietici erano deceduti durante falliti lanci suborbitali. Il comunicato, che dava un nome ai quattro sfortunati piloti, sosteneva che la notizia proveniva da funzionari di alto livello del partito comunista ceccoslovacco, dal nome ovviamente sconosciuto.

Il professor Hermann Julius Oberth, scienziato.
Il professor Hermann Oberth.
Il 14 dello stesso mese un giornale dell'Alabama, il Gadsden Times, riportava che il professor Hermann Oberth credeva che il comunicato dell'Agenzia Continentale fosse veritiero: i Sovietici avevano perso quattro cosmonauti, se non di più. Hermann Oberth era un'ingegnere missilistico di una certa fama. Ispiratore di von Braun, aveva lavorato a vari progetti missilistici tedeschi a Peenemünde tra il '41 e il '44. Dopo la guerra aveva lavorato negli Stati Uniti, per la NASA, e in altre occasioni fece da consulente per progetti legati ai vettori per l'esplorazione spaziale.

Con l'avvallo di un uomo di scienza così in vista la diceria dei quattro cosmonauti morti ricevette la giusta dose di credibilità. Rimasta sempre fuori dai libri di storia, non di meno viene ripetuta in molte pubblicazioni di livello divulgativo o di marca cospirazionista ed è largamente diffusa nella rete. L'articolo del Gadsden Times sui cosmonauti perduti è consultabile su google news, naturalmente in inglese. Qui sul paese degli Sputnik è disponibile una traduzione in italiano di Oberth believes astronauts lost.



Quattro cosmonauti sfortunati


Quelli che seguono sono i dati che i giornali diffusero nel dicembre del '59, affermando di non possedere riscontri e che i Sovietici negavano con decisione i lanci, ma sempre suggerendone la plausibilità.
  • Aleksey Ledovsky. Il primo cosmonauta a cadere vittima della fretta sovietica sarebbe Aleksey Ledovsky. Venne lanciato da Kapustin Yar alla fine del 1957, probabilmente a dicembre, con l'obiettivo di effettuare un volo suborbitale. Alcune fonti riportano che il vettore era un razzo R-5A modificato. Venne seguito fino a un'altezza di 300 chilometri, poi si perse la telemetria. Le fonti ceccoslovacche non seppero dire che fine avessero fatto Ledovsky e il vettore.
  • Serenty Shiborin, a volte Sergey. Il secondo cosmonauta, pilota collaudatore, venne lanciato nel febbraio del 1958. Anche questa volta il controllo di terra perse il contatto con il razzo, nessun dettaglio sul destino del pilota, escluso il fatto che perse la vita durante la missione.
  • Andrei Mitkov. Il terzo cosmonauta venne lanciato l'anno dopo, nel gennaio del 1959. In questo caso i giornali riportano fatti diversi. Alcuni fogli scrissero che Mitokov venne lanciato con lo stesso vettore della sonda Luna 2, quindi probabilmente doveva compiere un volo attorno alla Luna. Dopo 28 minuti di funzionamento un'avaria causava l'esplosione del missile, disintegrando Mitkov tra la Terra e la Luna. Per altri giornali invece si trattava ancora di un volo suborbitale, in ogni caso conclusosi tragicamente.
  • Maria Gromova. La quarta cosmonauta rimane uccisa da un mezzo del tutto diverso. Collaudatrice di aeroplani, la Gromova venne destinata al volo di prova di un aerorazzo. Ai comandi del velivolo nel febbraio del 1959 raggiunse una quota di 200 chilometri. Non si sa altro, escluso che non tornò viva indietro. Successivamente si disse che aveva collaudato il Burja.



Dettagli problematici


Storie fascinose, come sempre per quanto riguarda i cosmonauti perduti. Ma non per questo plausibili. Anche i quattro cosmonauti suborbitali sono una storia senza fondamenti. Non una prova, non una foto, un mezzo minuto di filmato, un documento, una riga distrattamente dimenticata nella vasta memorialistica del programma spaziale sovietico. Solo "fonti di alto livello" interne al partito comunista ceccoslovacco. Chi siano queste fonti non è dato sapere. Considerando la cappa di paranoica segretezza che avvolgeva i progetti e i lanci spaziali dell'URSS, è facile dubitare che anche ai più alti livelli i funzionari ceccoslovacchi potessero sapere qualcosa. In ogni caso il sentito dire non è mai stato una prova molto solida.

Gli scarsi dettagli forniti sono poi un vero boomerang per la credibilità di questa storia.
  • Tolto il lancio d'agenzia, i nomi di Ledovsky, Shiborin, Mitkov e Gromova sono del tutto sconosciuti. Nonostante la glasnost e la caduta dell'URSS negli archivi non si è trovato nulla che li riguardi.
  • Kapustin Jar è un poligono di tiro che non ha mai lanciato i razzi R-7 usati per lo Sputnik, per Laika, per le sonde lunari e per le capsule con equipaggio. Questi sono partiti sempre da Tjuratam.
  • Il razzo R-5 non poteva lanciare una capsula Vostok. Non sono esistite altre capsule. Korolëv e i suoi collaboratori dell'OKB-1 fecero alcuni disegni preliminari per capsule suborbitali adatte a un R-5 (e anche a vettori più arcaici): per esempio gli schizzi in apertura del post (tratti da A. Siddiqi, Challange to Apollo, vol. 1, edito dalla NASA) illustrano le cinque capsule proposte per un lancio con il vettore R-2. Non se ne fece niente, perché i vertici politici e militari non erano interessati. Quando furono interessati non se ne fece niente perché ormai era in sviluppo il vettore R-7 che offriva la potenza per un lancio orbitale. Ad ogni modo la capsula Vostok, lanciabile con gli R-7, non fu pronta prima del 1960.
  • L'idea che Mitko sia stata lanciato per un volo verso la Luna nel 1959, prima ancora di essere riusciti a compiere un lancio suborbitale senza ammazzare il pilota, è a dir poco ridicola. La prima capsula che sia riuscita a compiere un simile tragitto e a tornare a terra fu la Zond 5, lanciata da Tyuratam il 15 di settembre del 1968, quasi dieci anni più tardi, e soprattutto senza cosmonauti a bordo.
  • Immagine del missile Burya che lascia la rampa di lancio.
    Un missile da crociera Burja, progetto dell'ufficio 
    tecnico Lavočkin, lascia la rampa di lancio.
  • Maria Gromova morirebbe ai comandi di un Burja. Progetto dell'ufficio Lavočkin, il Burja era un missile da crociera intercontinentale e trisonico. Come gli altri progetti della sua classe, l'americano Navaho e i sovietici Buran e Zvezda, non arrivò oltre qualche lancio di prova - per altro quasi sempre coronato da un insuccesso. L'evoluzione dei missili antiaerei e l'invulnerabilità a questi dei missili balistici lo resero inutile. L'ufficio aveva effettivamente accarezzato il sogno di trasformarlo in un aereo spaziale, ma i lavori non andarono avanti.



Conclusioni: storie da Guerra fredda


Era fuor di dubbio che entrambe le potenze si stessero preparando per lanciare gli uomini nello spazio. Ognuna procedeva moltiplicando incessantemente i suoi sforzi per non farsi soffiare un primato così ambito. Il lancio tanto agognato era ormai nell'aria.

Nel dicembre del '59 l'Unione Sovietica era alla guida della corsa allo spazio. Ogni pietra miliare era stata posta dai Sovietici, ovunque erano arrivati prima. Nello stesso tempo la NASA aveva sperimentato soprattutto ritardi e alcuni veri e propri disastri. Disastri che erano sotto gli occhi di tutti e umiliavano gli Stati Uniti d'America.

Solo in una situazione del genere era possibile che storie come queste, spesso così irrealistiche, potessero ottenere tanta eco e addirittura l'avvallo di uomini di scienza. Per un'opinione pubblica preoccupata dai progressi tecnologici dell'avversario comunista, progressi di cui si prevedevano i riflessi militari, era rassicurante sentirsi raccontare che il nemico era meno invincibile di quanto sembrasse e che era come lo si immaginava: un Moloch che passava sopra ogni cosa, anche sopra la vita dei suoi uomini.

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