Nel mese di gennaio del 1973 il programma
spaziale sovietico proseguì l'esplorazione dello spazio con un nuovo veicolo lunare inviando tramite
la missione Luna 21 il Lunochod 2 sulla superficie del nostro satellite.
A seguito del fortunato servizio
del primo Lunochod i Sovietici
avevano infatti deciso di ritentare l'impresa due anni più tardi con la
progettazione di un veicolo lunare più
pesante e più sofisticato di quello che nel 1970 aveva svolto
brillantemente l'esplorazione nel Mare
Imbrium.
In seguito ad un perfetto
allunaggio, nel corso di 4 mesi e mezzo il secondo Lunochod percorse complessivamente 37 chilometri sulla
superficie della Luna nell'area del cratere Le
Monnier.
La missione
Luna
21 fu lanciata con successo dal cosmodromo di Baikonur l'8 di gennaio del 1973.
Dopo essere stato collocato in
un'orbita terrestre di parcheggio, lo stadio translunare del veicolo spinse la sonda verso la Luna per inserirsi nella sua orbita tre giorni dopo.
Nel periodo seguente, l'orbita
venne progressivamente abbassata fino a che, a 16 chilometri dal suolo, il 15
gennaio la sonda iniziò una caduta libera frenata a 750 metri dai razzi
principali e a 22 metri da quelli secondari che rallentarono la corsa
fino a che il lander non rilasciò sul suolo lunare il veicolo di
allunaggio: una manovra pressoché perfetta.
Il sito di allunaggio sul lato
visibile della Luna corrisponde al cratere Le Monnier, situato sul
bordo orientale del Mare Serenitatis.
Il Lunochod 2 sarebbe stato pronto ad
entrare in azione circa tre ore dopo l'arrivo sulla superficie selenica.
Appena attivato, il veicolo iniziò a riprendere le immagini della zona circostante e, una volta ribaltate
le rampe, discese sul suolo trasmettendo a terra l'immagine della base di
allunaggio.
Nel momento successivo
all'allunaggio non vi fu tempo per incominciare subito l'esplorazione in
quanto il veicolo non aveva ancora l'energia necessaria per poter svolgere le
operazioni di spostamento. Dopo aver ricaricato
le batterie interne grazie ai suoi pannelli solari, il 18 febbraio il Lunochod 2 divenne pienamente operativo per iniziare il tragitto
all'interno del cratere.
Come nel caso del Lunochod precedente, per salvaguardare
le apparecchiature i tecnici sovietici avevano dotato il veicolo di un isotopo radioattivo
al Polonio 210. In aggiunta, per evitare che i lubrificanti dei motori delle
ruote gelassero durante la fredda notte lunare e creassero problemi di mobilità
come era successo al primo modello, i motori
erano stati tenuti riscaldati anche dopo l'attività giornaliera.
Il Lunochod 2 non era
equipaggiato per campionare direttamente il suolo durante il percorso, compiva
invece delle soste per ispezionare
da vicino le rocce più inusuali e altre caratteristiche del terreno.
Il veicolo era teleguidato da
terra da una squadra di cinque tecnici
composta da un comandante, un pilota, un motorista, un navigatore e un
operatore radio.
Ugualmente alla missione di Lunochod 1, la guida del veicolo fu piuttosto complicata in quanto le immagini giungevano sulla console di
controllo con 2,6 secondi di ritardo
(a causa del lungo viaggio di andata e ritorno dei segnali tra la Terra e la Luna), costringendo
così gli operatori a compiere le manovre in anticipo.
Le immagini riprese dalla
telecamera avevano un campo ridotto e dovevano essere rielaborate per
permettere una visibilità a 180 gradi. Partendo dall'estremo lato del Mare Serenitatis fino alle Montagne Taurus, durante la missione il Lunochod 2 trasmise 80.000
immagini televisive e 86 panoramiche.
Il destino di Lunochod 2
Il Lunochod 2 si dovette muovere su un terreno molto accidentato lungo un crepaccio largo quasi 400 metri
e profondo dai 30 ai 49. Durante il viaggio vi fustato il rischio di scontro
con lo stadio di discesa da cui era sbarcato, ma i piloti lo fermarono giusto in tempo a 4 metri dall'ostacolo.
Per fronteggiare questo tipo di
pericoli il veicolo era stato dotato di sensori
di pendenza grazie a i quali i comandi automatici sarebbero entrati in
funzione se l'inclinazione fosse diventata troppo forte, bypassando gli ordini
dei piloti terrestri.
Nonostante queste precauzioni,
dopo quasi 5 giorni lunari il Lunochod incappò in un inconveniente
che aveva inevitabilmente decretato il termine
della missione.
Il 9 maggio 1973,slittò inavvertitamente dentro un cratere,
i pannelli solari e il radiatore dell'energia termica del veicolo si coprirono di polvere e surriscaldarono gli
strumenti.
I tecnici a terra inutilmente tentarono di ripristinare il veicolo ma senza più alcuna speranza; il
Lunochod 2 fu dichiarato irrecuperabile e il 4 giugno dello
stesso anno l'agenzia di stampa sovietica annunciò la fine della missione.
Le autorità preferirono dichiarare che il programma Lunochod
era stato completato piuttosto che divulgare e confermare per intero
l'inconveniente della missione.
Tra gennaio e febbraio del 1973,
quando il Lunochod era ancora attivo,
durante una conferenza tenuta a Mosca in merito all'esplorazione lunare, i
Sovietici rivelarono che precedentemente uno scienziato americano aveva
fornito ad un ingegnere sovietico in carica per la missione Lunochod 2 le fotografie
del sito lunare su cui Luna 21 aveva
effettuato l'allunaggio. Le stesse immagini erano state utilizzate dalla squadra
di controllo per orientarsi e dirigere il veicolo sulla superficie lunare.
Il Lunochod 2 è oggi proprietà
dell'astronauta-turista Richard Garriott, sviluppatore di videogiochi e conosciuto
per aver visitato la stazione Spaziale Internazionale nel 2008 con la missione Sojuz TMA-13.
Garriott è divenuto proprietario
del veicolo lunare acquistandolo per una somma di 68.000 dollari ad un'asta
tenutasi a New York nel 1993.
***
Fonti
Bedini Daniele, Breve storia della conquista dello spazio,
Milano: Bompiani, 1998.
Bianucci Piero, La luna: tradizioni, scienza, futuro,
Firenze: Giunti, 1988.
Braccesi Alessandro, Caprara
Giovanni, Hack Margherita, Alla scoperta
del sistema solare, Milano: Arnoldo Mondadori, 2000.
Caprara Giovanni, In viaggio tra le stelle: storie, avventure
e scoperte nello spazio, Milano: Boroli, 2005.
Cavina Stefano, Apollo,
la sfida della Luna, Serravalle: AIEP, 2011.
Dyer Alan, Missione Luna, Milano: Touring, 2009.
Gatland Kenneth W., Esplorazione dello spazio: tecnologia
dell’astronautica, Novara: Istituto Geografico DeAgostini, 1983.
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